12/05/19

Overture da IL FLAUTO MAGICO (W. A. Mozart) - Quintetto AMENA - MYSTERIUM VIDEO

 
Il gruppo A.M.E.N.A. è la formazione cameristica dei clarinetti primi della Società Filarmonica Pietro Borgognoni di Pistoia, dove “amena”, apparentemente aggettivo per “musica amena”, è in realtà un acronimo che sta per le iniziali dei nomi dei suoi componenti.
Al tempo stesso è il motto che ne costituisce la sintesi e l’intenzione culturale: quella di fare musica amena (cioè, secondo i dizionari: divertente, gradevole, arguta e, perché no, intrigante). La sfida di questi musicisti è quella di dimostrarsi capaci di divertire e di interessare qualsiasi pubblico, stuzzicandone la curiosità, con un programma di arrangiamenti originali ma mai banali, in grado di restituire agli ascoltatori le vibrazioni e le sensazioni dei grandi autori esplorati dal repertorio di questa formazione.
È un’avventura musicale non priva di difficoltà, potendo disporre di un ridotto nucleo strumentale monotimbrico, in sostituzione di un’intera orchestra; ma a garanzia della buona riuscita dell’impresa vi sono l’esperienza, il virtuosismo, la passione e la competenza degli esecutori, tutti professori d’orchestra diplomati al conservatorio.

Andrea Mazzei
Ha iniziato la sua formazione musicale nel 1981, sotto la guida del maestro Garibaldo Querci e successivamente del prof. di clarinetto Narciso Mazzieri. Nel 2002 si è iscritto alla Scuola di Musica “Mabellini” di Pistoia intraprendendo sotto la guida del prof. Dario Goracci un percorso che approda nel 2006 al diploma di Clarinetto, conseguito presso l’Istituto Mascagni di Livorno. Dal 1984 collabora con l’attuale Associazione Filarmonica Pietro Borgognoni e con altre realtà musicali popolari locali, per la diffusione per quanto possibile della cultura della musica in ogni occasione pubblica e privata, con qualsiasi formazione, in ogni ambito di espressione artistica nella quale possa dare un effettivo contributo.

Stefano Cecchi
Ha conseguito il diploma di clarinetto presso il conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze nell’anno 1982. Suona clarinetto, sax tenore e sax contralto, collaborando nei diversi strumenti con formazioni cameristiche e gruppi orchestrali sia di genere classico che moderno. Affianca all’attività concertistica una vasta esperienza didattica nella scuola secondaria pubblica: vincitore di cattedra per l’insegnamento di ED. Musicale nella scuola media dal 1983, è tutt’oggi insegnante di ruolo nell’Istituto Comprensivo di Lamporecchio.


Elena Corsini
Già docente di clarinetto presso il liceo musicale N. Forteguerri di Pistoia, è approdata allo studio del clarinetto sotto la guida del maestro Garibaldo Querci, consolidando la propria formazione strumentale con i professori Narciso Mazzieri e Dario Goracci, fino al Diploma conseguito al conservatorio Cherubini di Firenze con il maestro Battistelli. Successivamente al diploma ha intrapreso lo studio del fagotto con il maestro Vicari presso la scuola comunale Verdi di Prato. Membro dell'orchestra Desiderio da Settignano nella quale svolge il ruolo di secondo fagotto, collabora con diverse formazioni bandistiche limitrofe a Pistoia sia con il fagotto che con il clarinetto. Impegnata in varie formazioni cameristiche con programmi che spaziano nei repertori sia classici che ludici-leggeri, fa parte del gruppo medievale/rinascimentale ArteFatti ,con i quali svolge un'intensa attività, con partecipazioni a rievocazioni storiche e eventi a tema.

Nicla Pagliai
Ha conseguito il diploma di Clarinetto nel 1984 presso l'Istituto Musicale "L. Boccherini" di Lucca , dopo aver frequentato i corsi della scuola "T. Mabellini" di Pistoia. Ha partecipato a numerosi gruppi da camera, bandistici e orchestrali, perfezionandosi in musica d’insieme sotto la guida del maestro Clemente Terni. Dal 1986 svolge un' intensa attività didattica come insegnante di musiscuola secondaria di 1° grado.

Alberto Rossi
Clarinettista e polistrumentista, si è diplomato in Clarinetto nel 1986 presso l'Istituto Musicale "L. Boccherini" di Lucca conseguendo successivamente la laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo all'Università di Bologna. Attivo da decenni in numerose formazioni da camera, orchestrali, bandistiche, affianca all’attività di esecutore quella di compositore sia di musica contemporanea che di musica leggera, con interessi che tracimano nella musica italiana pop e d’autore (è tra i fondatori della spregiudicata “Banda a vapore”). È inoltre scrittore letterario di novelle popolari e autore del “manuale pratico di musicoterapia per i laboratori di espressività musicale”. Come musicologo ha al suo attivo i commenti sulla significanza musicale di famosi brani pop.
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Mozart, "Il Flauto Magico": una lettura dell'ouverture

 

 


Locandina della prima rappresentazione del Flauto Magico, il 30 settembre 1791
Dopo aver tanto a lungo parlato delle implicazioni storiche e filosofiche di quel meraviglioso contenitore che è Il Flauto Magico di Mozart e pure dei retroscena massonici, è arrivato il momento di affacciarsi brevemente sull’opera, leggendo tra le righe della Zauberflöte. Come in tutte le storie, anche in questo caso dobbiamo partire dall’inizio: l’ouverture.

Il triplice accordo all’inizio dell’ouverture
La struttura generale del brano ricalca quella bipartita della sinfonia d’opera italiana, costituita cioè da una prima parte in tempo lento (solitamente un Adagio o un Andante) e da una seconda parte in Allegro, o un tempo simile. Questa struttura aveva una particolare funzione pratica: dato che non esisteva l’illuminazione elettrica e che il pubblico spesso andava a teatro per fare tutto fuorché prestare attenzione allo spettacolo, l’ouverture (o sinfonia, nell’opera italiana) serviva proprio a segnalare l’inizio dell’opera; quindi il tempo lento iniziale ricopriva una funzione di mero preambolo per dare agli astanti il tempo necessario di prendere posto, mentre il “pezzo forte” era la seconda parte, in cui il compositore dava il meglio.
 

Nel caso del Flauto Magico, Mozart cambia le regole del gioco già dall’inizio perché l’elemento dell’ouverture che ha più rilevanza rispetto alla trama è proprio l’Adagio iniziale, in cui nasconde molti indizi di quanto succederà più avanti. Ad esempio, il brano si apre con la poderosa esposizione del triplice accordo che nell’opera annuncia la figura di Sarastro e dei sacerdoti del Tempio della Saggezza; inoltre, cosa più interessante e assai meno nota, in queste poche battute di musica Mozart ci offre un fugace scorcio del cammino iniziatico di Tamino: dalla battuta 8 alla 13 ci sono tre brevi frasi affidate agli archi, due di queste terminano in modo mesto, mentre l’ultima culmina in un accordo limpido e luminoso; in questo modo Mozart ci mostra Tamino che prova a entrare – senza successo – nel Tempio della Natura e nel Tempio della Ragione e alla fine riesce ad aprire la porta del Tempio della Saggezza. Poi, giusto per non svelare tutto subito, ha inizio l’Allegro.

Il fraseggio degli archi richiama l’ingresso di Tamino nel Tempio della Saggezza
La seconda parte dell’ouverture del Flauto Magico rappresenta probabilmente l’unico caso di ouverture in stile contrappuntistico composta nel XVIII secolo, e se ci si sofferma a considerare la cosa ci si rende conto che è ancora più strana: non solo Mozart impiega (e in modo straordinario) lo stile contrappuntistico, più precisamente il fugato, in un’epoca in cui era totalmente passato di moda, ma lo fa addirittura per un piccolo teatro di periferia. Anche l’utilizzo di questa tecnica è interessante perché in questo caso Mozart riesce a raggiungere un equilibro perfetto tra le forme della fuga e dell’ouverture, e lo fa in modo a dir poco mirabile.

Soggetto del fugato
Il successivo Allegro si apre con il principio di una fuga vera e propria, con soggetto, risposta e relativo controsoggetto, ma dopo questa esposizione formalmente perfetta il tutto confluisce in un trattamento del materiale tematico tipico della forma sonata, ma – e qui c’è il colpo d’ala che rende Mozart un maestro superiore a tutti noi – basandosi completamente sul piccolo nucleo tematico del soggetto.

Risposta e controsoggetto
Su questa manciata di note sono stati versati fiumi d’inchiostro perché, con ogni probabilità, il tema è stato tratto dalla Sonata in si bemolle maggiore di Muzio Clementi. Nella monografia di Massimo MilaLettura del Flauto Magico, l’autore si lancia in una lunga enumerazione di composizioni mozartiane e non che hanno un tema simile, ma chiunque sia l’autore di queste poche note non ha la minima importanza; ciò che conta realmente è come il tema viene sviluppato e credo di essere nel giusto se affermo che nessuno sarebbe mai riuscito a eguagliare una tale arditezza e un così ben studiato equilibrio formale. Inoltre, come sanno anche gli studenti di composizione, per realizzare una fuga è uso comune impiegare un tema scritto da altri.

Sovrapposizione del secondo tema della forma sonata e del soggetto contrappuntistico
La cosa che lascia sbalorditi quando si ascolta questa ouverture è come il piccolo tema iniziale appaia continuamente in modo sempre diverso e con una fluidità che non conosce eguale. Ed è a questo punto che entra davvero in gioco la forma sonata: dopo un rapido passaggio alla tonalità della dominante in cui appare un secondo tema (che è però contrappuntato con il primo!), l’ouverture apparentemente si conclude, appunto, sulla dominante… senonché appare di nuovo il triplice accordo, quasi volesse ricordare al tema, il nostro “protagonista”, di aver smarrito la strada e che deve faticare ancora un po’ per ottenere la giusta ricompensa. Dopo questo breve episodio, riappare il primo tema ma stavolta proposto nella tonalità di si bemolle minore e viene presentato in una seconda lunga esposizione contrappuntistica. Dopo un breve ponte modulante, si fa ritorno alla tonalità d’impianto, con cui termina l’ouverture nel magnificente finale con il massiccio intervento degli ottoni (chissà, forse per anticipare l’antagonista dell’opera, la Regina della Notte). 

Si può ben vedere come tutto sia stato accuratamente progettato in questa straordinaria pagina sinfonica e come tutto funzioni alla perfezione e come Mozart abbia rivolto il suo lavoro non solo sull’aspetto prettamente musicale ma soprattutto verso una totale compenetrazione tra linguaggio musicale e simbolismo, incorporando elementi massonici (a cominciare proprio dalla tonalità di mi bemolle maggiore: non solo perché ha tre bemolli in chiave ma anche perché costituisce la tonalità tipica dell’espressione della religio privata mozartiana) ed elementi narrativi del libretto. E questo è solo l’inizio della più straordinaria delle opere composte da Wolfgang Amadeus Mozart.
Luca Fialdini