14/12/12

Un bel dì vedremo - (Giacomo Puccini)





  
Un bel dì vedremo è un'aria   di Madama Butterfly   di Giacomo Puccini  . È intonata dalla protagonista (soprano  ) durante il secondo atto dell'opera.
Cio-Cio-San (Butterfly), rivolgendosi alla cameriera Suzuki, immagina il giorno felice in cui Pinkerton, il suo sposo americano, farà ritorno a casa.
«Un bel dì vedremo» è un'aria-racconto anomala, in quanto gli eventi narrati non appartengono al passato, bensì sono la proiezione del desiderio del personaggio narrante. Drammaturgicamente costituisce il punto culminante di un'estesa scena a due tra la protagonista dell'opera e Suzuki, durante la quale Cio-Cio-San si sforza di illudere la cameriera e se stessa che il marito, partito per gli Stati Uniti tre anni prima, tornerà da lei. Le parole che la precedono immediatamente - «Ah, la fede ti manca! Senti» - fanno dell'aria, per l'appunto, una dichiarazione di fede  .
I versi di Luigi Illica   e Giuseppe Giacosa   non presentano la regolarità tradizionalmente legata alla forma chiusa dell'aria. Sono versi endecasillabi  , settenari   e quinari   liberamente alternati e in parte legati dalla rima  .
La condotta musicale è altrettanto irregolare. L'aria si articola infatti in brevi sezioni. La prima, otto battute in sol bemolle maggiore, è ripresa nella parte conclusiva, alle parole «[per non mo]rire al primo incontro», e di nuovo a tutta forza dall'orchestra come perorazione finale mentre - come prescrive la didascalia - «Butterfly e Suzuki si abbracciano commosse». Le prime otto battute sono state analizzate da Antonino Titone e portate ad esempio del metodo pucciniano di costruire le proprie melodie   partendo da brevi cellule ritmico-intervallari.[1]  
Mentre la melodia iniziale si ascolta qui per la prima volta, la sezione centrale dell'aria ospita due dei molti leitmotiv   di cui l'opera è intessuta. Il primo, che corrisponde alle parole «s'avvia per la collina», era stato udito per la prima volta nel duetto d'amore dell'atto I («ed in tavola infissa») e di qui in avanti sarà associato alla collina di Nagasaki  . Il secondo, la melodia orchestrale abbinata alle parole «chiamerà Butterfly dalla lontana. Io senza dar risposta me ne starò nascosta», è associato alla promessa del marito di far ritorno a casa (atto II, Cio-Cio-San: «O Butterfly, piccina mogliettina, tornerò colle rose») e diventerà in seguito il tema del bambino nato dall'amore tra Cio-Cio-San e Pinkerton.

Versi

[Senti.] Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo sull'estremo
confin del mare.
E poi la nave appare
E poi la nave è bianca.
Entra nel porto, romba il suo saluto.
Vedi? È venuto!
Io non gli scendo incontro, io no. Mi metto
là sul ciglio del colle e aspetto, aspetto
gran tempo e non mi pesa
la lunga attesa.
E... uscito dalla folla cittadina
un uomo, un picciol punto
s'avvia per la collina.
Chi sarà? Chi sarà?
E come sarà giunto
che dirà? che dirà?
Chiamerà Butterfly dalla lontana.
Io senza dar risposta
me ne starò nascosta
un po' per celia, un po' per non morire
al primo incontro, ed egli alquanto in pena
chiamerà, chiamerà:
«Piccina – mogliettina
olezzo di verbena»
i nomi che mi dava al suo venire.
(a Suzuki)
Tutto questo avverrà, te lo prometto.
Tienti la tua paura. – Io con sicura
fede lo aspetto.

Note

  1. ^   Antonino Titone, Vissi d'arte. Puccini e il disfacimento del melodramma, Feltrinelli, Milano 1972, pp. 11-13. «Una melodia seducentissima e notissima [...], quale ad esempio può essere la frase di apertura dell'aria "Un bel dì vedremo", verrà subito dal nostro sguardo esercitato scomposta nei suoi tre elementi costritutivi [due crome discendenti, una semiminima col punto, due semicrome ascendenti], i quali, si vedrà, si ripercuotono per tutta la frase, senza che altro di estraneo vi faccia apparizione; la riempiono scandendovi alternanze calibratissime, che danno luogo, pur nel breve spazio di quella piccola melodia introduttiva, a un impianto architettonico complesso e nello stesso tempo lineare.»

08/12/12

Tu che m'hai preso il cuor : Franz Lehár (1870 - 1948)








Tu che m'hai preso il cuor è il titolo di una romanza tratta dall'operetta Il paese del sorriso (Das Land des Lächelns) musicata da Franz Lehár su libretto di Ludwig Herzer e Fritz Löhner-Beda (per l'Italia Edizioni Suvini Zerboni), andata in scena per la prima volta al Metropol-Theater di Berlino il 10 ottobre 1929[1].



Evergreen

In versione originale il titolo è Dein ist mein ganzes Herz, mentre in lingua inglese è conosciuta con quello di You are my heart's delight.
Soprattutto per il celeberrimo ritornello, il brano gode di notorietà con vita a sé stante tanto da essere entrato - come standard - nel repertorio della musica popolare. È stato inciso in numerose versioni sia da cantanti lirici e che interpreti di musica leggera. Come brano avulso dal contesto operettistico, è interpretato prevalentemente da artisti maschili.

Contenuto

Il brano è, nella sua versione originale, un duetto d'amore per soprano e tenore che impersonano in scena i protagonisti dell'operetta di Lehar: la giovane occidentale Lisa ed il principe cinese Sou-Chong. I due innamorati, disposti a inseguirsi tra Vienna e la Cina, sfidano le difficoltà derivanti dalle diverse culture ma alla fine non riusciranno a trovare l'amore eterno.

Versione italiana

Nella poetica in lingua italiana che si rifà agli stilemi dell'opera lirica in voga negli anni venti, il refrain del tenore - che funziona nell'economia del testo come intermezzo declamato - restituisce appieno il senso del sentimento amoroso che unisce i due giovani protagonisti e fa di questo brano uno dei classici delle canzoni per innamorati:
« Ti vedo tra le rose
ti dico tante cose
se il vento lieve t'accarezza
un profumar di giovinezza
mi fai tremar
La notte sogno tremando di te
quale incantesimo il mio cuor
sul tuo cuor
mentre si schiudono le pupille tue d'or. »



TESTO INTEGRALE :

 
Tu che m´hai preso il cor- Pausini/ Pavarotti

Tu che m'hai preso il cor

sarai per me il solo amor

no, non ti scorderò

vivrò per te

ti sognerò

Te o nessuno o mai più

ormai per me

come il sole sei tu

lontan da te

è morir d'amor

perché sei tu che mi hai rubato il cuor

Ti vedo tra le rose

ti dico tante cose

se il vento lieve t'accarezza

un profumar di giovinezza

mi fai tremar

La notte sogno tremando di te

quale incantesimo il mio cuor

sul tuo cuor

mentre si schiudono le pupille tue d'or

Tu che mi hai preso il cuor

sarai per me il solo amor

no, non ti scorderò

vivrò per te

ti sognerò

Te o nessuna o mai più

ormai per me

come il sole sei tu

lontan da te

è morir d'amor

perché sei tu che mi hai rubato il cuor




IL COMPOSITORE


Franz Lehár


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


Foto rappresentante Franz Lehár.

Ferenc Lehár, conosciuto, in tedesco, anche come Franz Lehár (Komárom, 30 aprile 1870Bad Ischl, 24 ottobre 1948), è stato un compositore austriaco di origine ungherese.



Biografia

Nato da Ferenc e da Christina Neubrandt (di madrelingua tedesca), è conosciuto soprattutto come compositore di operette (sua è la celebre romanza Tu che m'hai preso il cuor, da Il paese del sorriso, del 1929).
Studiò con il padre, direttore di banda militare, e dal 1882 al 1888 fu allievo del conservatorio di Praga, studiando violino e teoria musicale. Su consiglio di Dvořák, si concentrò sulla composizione.
Dopo aver conseguito il diploma, suonò il violino presso l'orchestra sinfonica di Barmen-Elberfeld. Più tardi si unì alla banda del padre, 50º fanteria, con il ruolo di assistente del capobanda. Nel 1890 divenne direttore della banda militare del 25º reggimento di fanteria a Losoncz. Nel 1894 lasciò quest'ultimo per andare a Pola a dirigere la banda militare navale di quel porto.
Qui conobbe il poeta Felix Falzari, con il quale compose la sua prima opera, Kukuschka, che ebbe discreto successo ma non tale da consentirgli di lasciare la direzione di una banda militare. A questa attività affiancò presto quella di autore di arrangiamenti per banda di noti brani classici e di canzoni popolari. Nel 1898 si trasferì a Trieste a dirigere la locale banda navale militare e nel 1898 prese il posto del padre presso l'87º reggimento in Budapest.
Trasferitosi a Vienna, ebbe l'occasione l'anno dopo di comporre un valzer per il gran ballo mascherato che l'estrosa e raffinata principessa di Metternich diede a corte. Il tema del ballo era Oro e argento e così fu chiamato il suo valzer che, divenuto subito famoso in tutto il mondo, lo portò all'attenzione di editori musicali e dei gestori di teatri. Nel 1902 lasciò l'esercito per la direzione del teatro di Vienna an der Wien, posizione che abbandonò presto per dedicarsi esclusivamente alla composizione.

La sua opera Wiener Frauen, prodotta nel novembre del 1902, descrisse le vicissitudini di un maestro di musica dato per disperso dopo un suo viaggio marittimo. Da quel momento in poi visse a Vienna, dedicando tutto il suo tempo alla composizione. Due anni dopo realizzò Il matrimonio per scherzo, rappresentato in Italia da Gea della Garisenda su libretto di Renato Simoni.[1]

La vedova allegra



Monumento di Franz Lehár a Vienna

Il suo più grande successo fu Die lustige Witwe (La vedova allegra), messa in scena per la prima volta al Theater an der Wien il 30 dicembre del 1905, ed in Italia due anni dopo al teatro Dal Verme di Milano.
Il successo di quest'operetta, imperniata sulle vicende del conte Danilo e dell'ereditiera Anna, gli procurò nell'immediato un grosso guadagno che tuttavia egli perse a causa di azzardate operazioni finanziarie alla Borsa di Vienna. Reso prudente da questa brutta esperienza, ritornò all'agiatezza grazie alle successive operette, divenendo presto una delle persone più facoltose della capitale austriaca e fondò anche una sua casa musicale.
Nel 1929 lo stesso Lehar diresse le presentazioni delle sue operette Paganini e Federica al Politeama di Trieste, teatro con il quale ebbe un rapporto privilegiato. Lo stesso anno compose Il paese del sorriso, nella quale manifestò la passione per le favole esotiche.
Acquistata una casa a Bad Ischl, conobbe ivi nel 1906 Sofia Meth, figlia di un commerciante ebreo di tappeti e già sposata. I due iniziarono la vita in comune e nel 1921 Sofia ottenne il divorzio dal primo marito e poté così sposare Lehar. Lasciata l'attività di compositore nel 1934, si dedicò quasi esclusivamente alla sua casa editrice Glocken-Verlag. Durante la seconda guerra mondiale riuscì a superare le difficoltà derivanti dalla origine ebraica della moglie grazie alla grande ammirazione che godeva presso Hitler. Nel 1944 si trasferì in Svizzera per motivi di salute.
Nel 1947 la moglie Sofia morì a Zurigo. L'anno successivo, gravemente ammalato e quasi cieco, morì anche lui a Bad Ischl, località austriaca nei pressi di Salisburgo.
Il suo repertorio di compositore include anche sonate, poemi sinfonici, marce e danze come il celebre valzer Gold und Silber (Oro e Argento).