12/01/20

La Traviata: “Sempre libera degg’io” (Giuseppe Verdi)




Opera: La Traviata Musica: Giuseppe Verdi Libretto: Francesco Maria Piave

[Atto I, scena 5]
Violetta Valéry, Parigi, salotto in casa di Violetta. Violetta sente che si sta innamorando di Alfredo, ma decide di mettere a tacere questo sentimento, perché incompatibile con la sua vita di cortigiana: quello che può fare è rimanere ‘sempre libera’ e ‘gioire’.

Testo

VIOLETTA
Sempre libera degg'io
Folleggiare di gioia in gioia,
Vo' che scorra il viver mio
Pei sentieri del piacer.
Nasca il giorno, o il giorno muoia,
Sempre lieta ne' ritrovi,
A diletti sempre nuovi
Dee volare il mio pensier.
ALFREDO
Amor è palpito ...
VIOLETTA
Oh!
ALFREDO
... dell'universo intero, ...
VIOLETTA
Oh! Amore!
ALFREDO
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor.
Fonte: Musixmatch

Requiem : Dies Irae (Giuseppe Verdi) - Il giorno del Giudizio Universale

Giudizio Universale (Michelangelo Buonarroti)




Il Dies irae è una sequenza in lingua latina, molto famosa, attribuita a Tommaso da Celano. Sono in molti a ritenerla una composizione poetica medievale tra le più riuscite. C'è un salto di stile rispetto al latino classico: il ritmo è accentuativo e non quantitativo, e i versi sono rimati con rima baciata (AAA, BBB, CCC) a eccezione delle ultime due strofe. Il metro è trocaico

Descrive il giorno del giudizio, l'ultima tromba che raccoglie le anime davanti al trono di Dio, dove i buoni saranno salvati e i cattivi condannati al fuoco eterno. Il Dies irae è una delle parti più note del requiem e quindi del rito per la messa esequiale previsto dalla messa tridentina.

Compare anche nella Liturgia delle Ore (come inno alternativo per l'ultima settimana del tempo ordinario) in una versione riveduta, che tiene conto dell'illegittimità dell'identificazione da parte dell'esegesi medievale della figura di Maria Maddalena con l'adultera pentita.
Probabilmente l'ispirazione dell'inno è biblica, dalla versione latina della Vulgata del libro di Sofonia 1,15-16: 


it.wikipedia.org

Requiem (Verdi).

Messa da Requiem
Requiem (Verdi) Titelblatt (1874).jpg
CompositoreGiuseppe Verdi
Tipo di composizioneMusica sacra
Epoca di composizione1869-1874
Prima esecuzioneChiesa di San Marco, Milano, 22 maggio 1874.
AutografoMuseo teatrale alla Scala
Durata media1 ora e 20 minuti circa
Organicocoro, voci soliste ed orchestra
Manuale
La Messa da Requiem è una composizione sacra di Giuseppe Verdi del 1874 per coro, voci soliste ed orchestra.
È dedicata ad Alessandro Manzoni.

Genesi dell'opera



Locandina della premiere alla Scala, 1874


Dopo il successo di Aida, Verdi si ritirò per un lungo periodo dal teatro d'opera.
Non smise tuttavia di comporre e il lavoro più importante di questo periodo è appunto la Messa da Requiem



Alessandro Manzoni

In realtà egli pensava da tempo ad una composizione di questo tipo, tanto che nel 1869 aveva promosso l'organizzazione di una messa di requiem a più mani per la morte di Gioachino Rossini (nota come Messa per Rossini). Il "Libera me Domine" della messa del 1874 fu composto in quell'occasione, anche se non venne mai usato a causa del fallimento del progetto[1].
Verdi rimase molto impressionato dalla morte del compatriota Alessandro Manzoni, avvenuta il 22 maggio 1873. Manzoni, come Verdi, si era impegnato per l'unità di Italia avvenuta pochi anni prima, e condivideva dunque con lui i valori tipici del Risorgimento, di giustizia e libertà. La sua morte gli fornì dunque l'occasione per realizzare il vecchio progetto, questa volta componendo l'intera messa.
Il 3 giugno successivo Verdi scrisse a Ricordi: «Io pure vorrei dimostrare quanto affetto e venerazione ho portato e porto a quel grande che non è più e che Milano ha tanto degnamente onorato. Vorrei mettere in musica una Messa da morto da eseguirsi l'anno venturo per l'anniversario della sua morte. La Messa avrebbe proporzioni piuttosto vaste, ed oltre ad una grande orchestra ed un grande coro, ci vorrebbero anche (ora non potrei precisarli) quattro o cinque cantanti principali».
Dopo l'autorizzazione dell'allora sindaco Giulio Bellinzaghi, il requiem, che Verdi offrì alla città di Milano, fu eseguito in occasione del primo anniversario della morte di Manzoni, il 22 maggio 1874, nella Chiesa di San Marco sempre a Milano. Fu diretto dallo stesso Verdi ed i quattro solisti furono Teresa Stolz (soprano), Maria Waldmann (mezzosoprano), Giuseppe Capponi (tenore) e Ormondo Maini (basso). Il successo fu enorme e la fama della composizione superò presto i confini nazionali.
Nel 1875 Verdi operò una revisione al Liber scriptus, sostituendo il fugato del coro con un'aria per mezzosoprano.
Il Lacrimosa è una rielaborazione del materiale del Lacrimosa del Don Carlo, presente inizialmente nel IV atto dell'opera nella sua versione in cinque atti.
Il manoscritto autografo è conservato presso il Museo Teatrale alla Scala di Milano.

Suddivisione


  • Requiem et Kyrie (quartetto solista, coro)

Coro e Orchestra del Teatro Reale dell'Opera di Roma

  • Dies Irae

Interpreti: Coro e Orchestra del Teatro Reale dell'Opera di Roma, Tullio Serafin (direttore), Giuseppe Conca (maestro del coro)

Dies irae (coro)
Tuba Mirum (basso e coro)
Mors stupebit (basso e coro)
Liber Scriptus, (mezzosoprano, coro)
Quid sum miser (soprano, mezzosoprano, tenore)
Rex tremendae (solisti, coro)
Recordare (soprano, mezzosoprano)
Ingemisco (tenore)
Confutatis (basso, coro)
Lacrymosa (solisti, coro)

  • Offertorium (solisti)
  • Sanctus (a doppio coro)
  • Agnus Dei (soprano, mezzosoprano, coro)
  • Lux Aeterna (mezzosoprano, tenore, basso)
  • Libera Me (soprano, coro)
 

GIUSEPPE VERDI

MESSA DI REQUIEM

TESTO LATINO CON TRADUZIONE A FRONTE



01/01/20

Che gelida manina dall'opera La Bohème (Giacomo Puccini)


operaomniablog.blogspot.com

La Bohème  - "Che gelida manina"

L'aria più celebre de "La Bohème", e una delle più celebri di tutto il teatro lirico, fa parte di una coppia di brani con cui Rodolfo e Mimì si descrivono l'uno all'altra (la seconda, che segue immediatamente dopo, è "Mi chiamano Mimì"). Qui Puccini sembra abbandonare per un attimo la struttura "wagneriana", ovvero a continuazione, su cui ha impostato l'intera opera, per dare ai due interpreti principali – il tenore e il soprano – l'occasione di esibirsi in un numero solistico (e guadagnarsi così gli applausi del pubblico). Naturalmente, anche se in entrambi i casi i personaggi parlano di sé stessi, in realtà si tratta di due arie d'amore. Rodolfo e Mimì si sono appena incontrati, non si conoscono ancora, ma già hanno intuito di essere destinati a stare insieme.

L'episodio della candela spenta e della chiave smarrita è "galeotto", ha permesso alle mani dei due di entrare in contatto, e Rodolfo ne approfitta per commentare come quella di Mimì sia "gelida", e dunque di volerla riscaldare con la propria. La sua indole di poeta, poi, si svela immediatamente nel riferimento alla luna, che dona l'atmosfera perfetta alla situazione. E infine, "in due parole", le chiede il permesso di presentarsi, senza tacere – con franchezza e onestà, ma abbellendole con l'arte della parola – le proprie difficoltà economiche (d'altronde già evidenti dalla povertà della soffitta in cui vive) e la propria inclinazione per le avventure galanti. Apparentemente semplice sotto l'aspetto musicale, in realtà l'aria presenta alcune difficoltà per il tenore, dal fraseggio nei cambi di registro ai numerosi acuti (fra cui il Do di petto conclusivo sulla parola "speranza").
«Che gelida manina» è un brano da sempre prediletto dai tenori, per ragioni che vanno ricercate nel particolare carattere che ha assunto nel tempo: quello di prototipo dell’aria sentimentale, recepita come l’aria d’amore per antonomasia da ogni tipo di pubblico. Questa universalità le deriva dalla sua apparente semplicità: il tono in cui Rodolfo si rivolge a Mimì è discorsivo, e in questo tessuto s’innestano estesi frammenti lirici, basati sull’uso di semplici metafore del parlare quotidiano, accessibili a tutti.(Michele Girardi)
TESTO :

RODOLFO
(tenendo la mano di Mimì, con voce piena di emozione)

Che gelida manina!
Se la lasci riscaldar.
Cercar che giova? Al buio non si trova.
Ma per fortuna è una notte di luna,
e qui la luna l'abbiamo vicina.
Aspetti, signorina,
le dirò con due parole
chi son, che faccio e come vivo. Vuole?

 

(Mimì tace: Rodolfo lascia la mano di Mimì, la quale indietreggiando trova una sedia sulla quale si lascia quasi cadere affranta dall'emozione.)
 

Chi son? Sono un poeta.
Che cosa faccio? Scrivo.
E come vivo? Vivo.
In povertà mia lieta
scialo da gran signore
rime ed inni d'amore.
Per sogni, per chimere
e per castelli in aria
l'anima ho milionaria.
Talor dal mio forziere
ruban tutti i gioielli
due ladri: gli occhi belli.
V'entrar con voi pur ora
ed i miei sogni usati
ed i bei sogni miei
tosto si dileguar.
Ma il furto non m'accora,
poiché v'ha preso stanza
la speranza!
Or che mi conoscete,
parlate voi.
Deh, parlate, chi siete?
Vi piaccia dir?


NOTA : Aria utilizzata anche nel film thriller Premonitions (vedere link blog MYSTERIUM) dal serial killer che ne scrive una parte del testo in un biglietto sul luogo del delitto.