24/12/17

Buon Natale dai grandi pittori


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Le dieci Natività più belle della storia dell'arte

A pochi giorni da Natale, ecco dieci grandi capolovari della storia della pittura che hanno interpretato il tema della nascita di Cristo…
MILANO – È Natale e Natale è la nascita di Gesù. I più grandi capolavori nella storia dell’arte hanno come protagonista il Cristo e nello stesso ambito la Natività diventa uno dei temi più rappresentati in pittura già a partire dal IV secolo. Le vicende della nascita di Gesù sono descritte nei “Vangeli dell’Infanzia” , quelli di Luca e di Matteo, che proprio per questo sono la fonte di ispirazione principale delle rappresentazioni della Natività. Gli episodi principali che costituiscono la narrazione sono la nascita povera di Gesù “in una mangiatoia perché non c’era per essi posto nell’albergo” (Luca 2,7), l’adorazione dei pastori, che rappresentano la parte più emarginata del popolo d’Israele, e la visita dei Magi venuti da oriente seguendo la stella, simbolo dei pagani che manifestano la loro fede in Gesù Bambino.
Ecco le dieci più belle Natività rappresentate dai grandi maestri:

ANDREA MANTEGNA – ADORAZIONE DEI PASTORI

L’“Adorazione dei pastori” è tra le opere attribuite alla fase giovanile della sua attività. L’opera di piccolo formato si ritiene commissionata da Borso Este in occasione del secondo soggiorno dell’artista a Ferrara del 1450-1451. La scena è ambientata all’aperto, con la Madonna al centro che adora il Bambino inginocchiata su un gradino di pietra, mentre alla sua destra san Giuseppe dorme e a sinistra due pastori si piegano devotamente in atteggiamento di preghiera. Il sonno di san Giuseppe, rappresentato in disparte, ricorda la sua funzione di custode della Vergine e del Bambino. Il colloquio tra Vergine e Bambino, circondati da angioletti che solennizzano l’evento, è caratterizzato da una notevole intimità. Gesù è raffigurato di scorcio, un tipo di veduta virtuosistica che ricorre nella produzione di Mantegna. A sinistra si trova anche un giardino recintato (in riferimento all’hortus conclusus che simboleggia la verginità di Maria), da cui si affaccia il bue, e alcune assi che rimandano alla capanna dove è avvenuta la natività. A destra un ampio paesaggio che si apre in profondità, incorniciato da due montagne fatte di rocce a picco. In lontananza, a destra, si vedono altri pastori e un grande albero che sembra ricordare la forma della Croce del Calvario, presagendo la Passione di Cristo.

JEAN FOUQUET – MADONNA COL BAMBINO

Intorno al 1450 Etienne Chevalier, figlio di un segretario del re commissionò al giovane pittore francese Jean Fouquet annoverato fra i pittori fiamminghi, un dittico per la chiesa di Melun, di questo, la ‘Madonna col Bambino’ oggi si trova al Koninklijk Museum voor Schone Kunsten di Anversa. L’opera venne commissionata per un altare della cattedrale in memoria di Agnès Sorel, amante di Carlo VII e morta nel 1450, di cui il committente era esecutore testamentario. Forse nella Vergine si cela proprio il ritratto di Agnes Sorel. Il pannello mostra la Vergine in trono che scopre un seno per allattare il Bambino, circondata da uno stuolo di cherubini blu e serafini rossi (i loro colori richiamano rispettivamente la sapienza e l’amore di Dio), che riempiono tutto lo sfondo. Molti sono gli elementi di commistione fra tradizione italiana e mondo transalpino, per i quali Jean Fouquet fu una figura di incontro e fusione. La Madonna è impostata su una composizione piramidale, memore delle opere italiane, così come è ispirata al Rinascimento fiorentino la sintesi geometrica delle sue forme (volto ovale, seno sferico), la posa e la robustezza del Bambino. La luce studiata analiticamente, come nelle gemme del trono e della corona, e il gusto per la linea di contorno sono invece caratteristica di marca più prettamente nordica.

FILIPPO LIPPI – L’ADORAZIONE DEL BAMBINO DI SAN VINCENZO FERRER 

L’“Adorazione del Bambino di San Vincenzo Ferrer” (o “Natività con san Giorgio e san Vicenzo Ferrer”) è una tempera su tavola (146,5×156,5 cm) tra il 1455 (anno della canonizzazione di san Vincenzo Ferrer) e il 1466 (anno in cui il Lippi lasciò Prato). La pala, già nella chiesa di San Domenico a Prato, è oggi conservata nel Museo Civico. Il soggetto dell’Adorazione del Bambino fu molto frequente nella fase matura del pittore e le sue numerose varianti risalgono tutte al periodo pratese (1452-1466). San Vincenzo Ferrer venne canonizzato nel 1455 e da allora fu un importante modello nella cultura domenicana, come simbolo di lotta all’eresia in difesa della Chiesa. Al centro si trova il Bambino con ai lati la Madonna e san Giuseppe in adorazione; a sinistra san Giorgio anche lui in adorazione, mentre sulla destra si trova la visione di san Vincenzo Ferrer del Cristo entro una ‘mandorla’ di luce. In secondo piano si trovano infine due pastori e in fondo angeli. La composizione e il disegno generale sono quasi certamente opera del Lippi, mentre ampie parti dell’esecuzione sono da ascrivere ad aiuti di bottega (specialmente Fra Diamante), con l’eccezione della Madonna, il Bambino e san Vincenzo, dipinti dal maestro. Per san Giuseppe sono stati fatti anche i nomi di Filippino e di Botticelli.

SANDRO BOTTICELLI – NATIVITA’ MISTICA

La “Natività mistica” appartiene all’ultima fase dell’attività del pittore. È un dipinto ad olio su tela (108,5×75 cm) datato 1501 e conservato alla National Gallery di Londra. Il soggetto, la natività, è interpretato come un’adorazione del Bambino da parte di Maria con Giuseppe, dei pastori e dei Magi tra cori angelici. Al centro si trova la grotta della natività, forata sul dietro per lasciar intravedere il bosco e coperta da una tettoia di paglia retta da tronchi, con il Bambino al centro su un giaciglio coperto da un telo bianco, la giganteggiante Vergine a destra e l’adorante e meditante Giuseppe a sinistra; dietro si vedono il bue e l’asinello. In basso, ai piedi di un sentierino tra rocce scheggiate, tre gruppi mostrano l’abbraccio e il bacio di comunione tra angeli e personaggi virtuosi, mentre sul terreno cinque diavoletti fuggono spaventati trafiggendosi coi loro stessi forconi e ricacciandosi nelle profondità attraverso le crepe del suolo: si tratta probabilmente di una visione profetica della liberazione dell’umanità dal male. Sicuramente il soggetto venne ispirato dalla situazione religiosa e politica fiorentina all’alba del nuovo secolo, memore ancora dei tragici eventi che avevano visto la calata di Carlo VIII, la cacciata di Piero de’ Medici dalla signoria della città e la presa di potere del partito di Girolamo Savonarola. Botticelli in particolare dovette essere molto colpito dalla figura del frate ferrarese, e in tutte le sue opere dell’ultima fase, dagli anni ottanta in poi, si assiste a un ripiegamento verso forme sempre più drammaticamente religiose, ricche di significati escatologici e caratterizzate da convenzioni stilistiche volutamente arcaizzanti, che lasciarono sostanzialmente isolato l’artista nel panorama artistico dell’epoca.

ALBRECHT DÜRER – LA NATIVITA’

‘La Natività’ risale al 1504 e fa parte del trittico dell’Altare di Paumgartner, custodito nella Alte Pinakothek a Monaco, commissionato a Durer nel 1948 da Stephan e Lucas Paumgartner. Nel fondo viene raffigurato l’annuncio dell’angelo ai pastori. In basso, a sinistra, vengono identificati tre componenti della famiglia patrizia sveva dei Paumgartner (Martin, morto nel 1478 con i propri figli Stephan e Lucas) e un anziano offerente (con la barba), il cui stemma dovrebbe essere, secondo von Schmelzing, un prozio di Martin, che più tardi sposò la sua vedova. Sul lato opposto viene identificata Barbara, la moglie di Martin, morta nel 1494, con le proprie figlie Barbara e Maria.

GIORGIONE – NATIVITA’ ALLENDALE

La ‘Natività Allendale’, è un dipinto autografo del Giorgione, realizzato con tecnica ad olio su tavola, presumibilmente intorno al 1505, oggi custodito nella National Gallery di Washington. L’opera si può dividere in due parti: a destra la grotta scura della natività, dove si trova la Sacra Famiglia raccolta e verso la quale si affacciano i due pastori; a sinistra si trova un ampio paesaggio, con qualche piccolo episodio di quotidianità. Qualche cherubino appare in alto, vicino al soffitto della grotta.
La luce diventa ora incidente, sulle vesti luccicanti, in special modo quella di Giuseppe, ora tenue e soffusa. Tipicamente giorgionesca è la predominanza del colore, che determina il volume delle figure, steso in strati sovrapposti senza il confine netto dato dal contorno, che tendono così a fondere soggetti e paesaggio: si tratta degli effetti atmosferici del tonalismo che ebbe proprio nel maestro di Castelfranco uno dei fondamentali interpreti


LORENZO LOTTO – LA NATIVITA’

Nel 1523 Lotto dipinge “La Natività”, una piccola tavola (cm 46 x 36) conservata alla National Gallery of Art di Washington. Lorenzo Lotto in questo periodo stava per finire il soggiorno bergamasco, un periodo che occupa l’arco di anni compresi tra il 1512 e il 1525, che è caratterizzato da un ‘misticismo affettivo’ e da un senso magico infuso nelle opere grazie all’utilizzo della luce. La Natività, destinata a un’abitazione privata, date le piccole dimensioni, è un quadro pensato per la devozione di una famiglia. Nel dipinto i santi personaggi sono collocati in primo piano, tanto da porre l’osservatore, in una posizione privilegiata. Non guardiamo dentro da fuori, la scena è vista dall’interno; si dà una condizione di intimità del fedele con il mistero che si rivela.

TIZIANO – LA SACRA FAMIGLIA CON UN PASTORE

“La Sacra Famiglia con un pastore” è un dipinto a olio su tela (99×137 cm) di Tiziano, databile al 1510 circa e conservato nella National Gallery di Londra. In un idilliaco paesaggio campestre, la Sacra Famiglia, seduta in riposo, offre il Bambino all’adorazione di un pastore, posto di spalle e con la testa in profilo a destra. Nello sfondo a destra si vede la scena dell’annuncio ai pastori e, vicino, il bue e l’asinello della natività.

CARAVAGGIO – LA NATIVITA’
 
“La Natività” è stata dipinta con tecnica ad olio su tela (298 x 197 cm) nel 1609, e non si sa dove attualmente si trovi, essendo stata trafugata nel 1969 dalla chiesa di San Lorenzo a Palermo. Il quadro fu commissionato nel 1609 dalle compagnie dei Cordiglieri e dei Bardigli e subito realizzato nel brevissimo soggiorno palermitano del Caravaggio. Nella tela è raffigurata la Natività con un’autentica narrazione realistica che rende “palpabile” la scena. Ogni personaggio è colto in un atteggiamento spontaneo: San Giuseppe ci volge le spalle ed è avvolto in uno strano manto verde. La figura a sinistra è San Lorenzo. La Madonna, qui con le sembianze di una donna comune, ha un aspetto estremamente malinconico, e forse già presagisce la fine del figlio, posto sopra un piccolo giaciglio di paglia. La testa del bue è chiaramente visibile, mentre l’asino si intravede appena. Proprio sopra il bambino vi è un angelo planante, simbolo della gloria divina. Ciò che conferisce particolare drammaticità all’evento è il gioco di colori e luci che caratterizzano questa fase creativa del pittore.

PIETER PAUL RUBENS – L’ADORAZIONE DEI PASTORI

“L’Adorazione dei pastori”  è un dipinto ad olio su tela (300 x 192 cm) realizzato nel 1608. Fu riconosciuto agli inizi del Novecento dal grande storico Roberto Longhi, che lo identificò anche come “La notte”. È conservato oggi alla Pinacoteca civica di Fermo. Commissionato a Rubens da padre Flaminio Ricci e realizzato per la chiesa di San Filippo Neri di Fermo. Viene rappresentato il momento in cui i pastori raggiungono la capanna della natività: la Vergine è rappresentata mentre mostra il suo bambino ai pastori, alle sue spalle San Giuseppe e a sinistra della composizione due figure maschili e due figure femminili.Recentemente si è ipotizzato come la figura femminile anziana possa essere identificata come la levatrice incredula del protovangelo di Giacomo, nell’atto di alzare al cielo le mani sanate. Un turbinio di quattro angeli sorregge un cartiglio con l’annuncio della nascita del Salvatore.