24/09/17

Don Pasquale: "So anch'io la virtù magica" (cavatina di Norina)


Atto I

Sala in casa di Don Pasquale, con porta in fondo d'entrata comune, e due porte laterali che guidano agli appartamenti interni.

Don Pasquale, vecchio ricco e scapolo, è arrabbiato col nipote Ernesto che vuole sposare Norina, vedova bella, ma povera. Decide allora di prendere moglie per punire il giovane e diseredarlo. Il dottore Malatesta comunica a Don Pasquale di conoscere la ragazza che fa per lui: sua sorella Sofronia ("Bella siccome un angelo"), dal carattere docile, appena uscita dal convento. Ernesto è disperato, non può coronare il suo sogno d'amore ("Sogno soave e casto") e scrive una lettera d'addio a Norina.

Nella sua camera la bella Norina sta leggendo un libro d'amore ("So anch'io la virtù magica"). Dopo aver letto ad alta voce un brano, spiega che conosce tutti i trucchi per conquistare un uomo.








TESTO :



Quel guardo,
il cavaliere in mezzo al cor trafisse,
Piegò i lginocchio
Son vostro cavalier.
E tanto era in quel guardo
Sapor di paradiso,
Che il cavalier Riccardo,
Tutto d'amor conquiso,
Giurò che ad altra mai,
Non volgeria il pensier."
Ah, ah!
So anch'io la virtu magica
D'un guardo a tempo e loco,
So anch'io come si bruciano
I cori a lento foco,
D'un breve sorrisetto
Conosco anch'io l'effetto,
Di menzognera lagrima,
D'un subito languor,
Conosco i mille modi
Dell'amorose frodi,
I vezzi e l'arti facili
Per adescare un cor.
Ho testa bizzarra,
son pronta vivace,
Brillare mi piace scherzar:
Se monto in furore
Di rado sto al segno,
Ma in riso lo sdegno fo presto a cangiar,
Ho testa bizzarra,
Ma core eccellente, ah!

17/09/17

La vita di Leonardo da Vinci



Dopo il mio precedente articolo su la Gioconda e su Leonardo mi è sembrato doveroso pubblicare l'eccezionale puntata di Superquark che Piero Angela fece sulla sua vita. Ho visitato personalmente la fonte battesimale a Vinci e la casa natale di Anchiano.


MYSTERIUM

Chi è realmente la " Gioconda " ?

 


Ieri ho assistito alla presentazione del libro di Alberto Angela «Gli occhi della Gioconda - Il genio di Leonardo raccontato da Monna Lisa» insieme al prof. Pedretti, massimo esperto mondiale su Leonardo da Vinci invidiando la loro enorme cultura e preparazione. 
Inutile dire che l'evento (asso vincente del comune di Vinci. Grande idea!) è stato seguitissimo. Non direi solo platea strapiena...se si lasciava cadere una moneta non avrebbe toccato il suolo! Davvero la Gioconda è Lisa Gherardini oppure ci stiamo sbagliando da cinquecento anni?

MYSTERIUM




iltempo.it

Alberto Angela svela il mistero della Gioconda di Leonardo da Vinci: non è Monna Lisa

 di Antonio Angeli





Ma siamo sicuri che quella custodita sotto un vetro blindato al Louvre sia veramente la «Gioconda»? Ossia il ritratto di Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, quindi la «Gioconda», altrimenti detta «Monna Lisa»?

Il dubbio storico ruota tutto attorno a una lettera e un apostrofo, perché quel sorriso enigmatico che affascina il mondo da mezzo millennio potrebbe invece appartenere a «Monna d’Isa», alias Isabella d’Este, tra le signore più potenti e rappresentate del Rinascimento, alla corte della quale Leonardo, effettivamente, soggiornò. 

Oppure ad una sfortunata cortigiana, Pacifica Brandani, della quale chiese il ritratto a Leonardo un suo potente amante: Giuliano de' Medici, secondo l'ipotesi dello studioso Carlo Pedretti. O forse anche a Costanza d'Avalos, nobilissima dama spagnola stabilitasi con la sua famiglia a Napoli...

La domanda la pone, o forse la rinnova, visto che quel dipinto è da sempre una fabbrica di misteri, Alberto Angela, con il suo ultimo saggio: «Gli occhi della Gioconda - Il genio di Leonardo raccontato da Monna Lisa», edito da Rizzoli, un «librone» da 347 pagine, 22 euro, disponibile anche in e-book (euro 9,99).

Alberto Angela è un archeologo e, come tutti gli archeologi basa le sue affermazioni sui documenti. Della Gioconda ci parla Giorgio Vasari, architetto, pittore, ma soprattutto storico coevo di Leonardo. Il Vasari non lo conobbe mai (alla morte del genio di Vinci aveva solo otto anni), ma di certo aveva a disposizione più testimonianze ed elementi degli attuali. 

Ebbene, ci racconta Angela, Giorgio Vasari ci descrive così la Monna Lisa: «Gli occhi presentavano quell’aspetto lucido e umido che si vede dal vero; e attorno a essi c’erano quelle venature rosse e i peli che si possono dipingere solo con grande perizia. Le ciglia non potevano essere più naturali...», Alberto Angela osserva, ovviamente: «Ma il volto della Gioconda, così come lo conosciamo, per intenderci quello del dipinto conservato al Louvre, non ha sopracciglia o peli». E sì, anzi, l’assoluta assenza della benché minima peluria è una delle principali caratteristiche del dipinto. Allora? «Potrebbe essere divertente supporre - butta lì l’Angela - che Monna Lisa vada intesa come Monna d’Isa, alla lombarda. Potrebbe quindi trattarsi di Isabella d’Este che Leonardo ritrasse ancora da giovane per ricompensarla dell’ospitalità». Effettivamente la somiglianza tra la Monna Lisa del Louvre e l'Isabella d'Este tratteggiata dallo stesso Leonardo è notevole.

Ma l’autore non si ferma qui, racconta la storia delle tante ipotesi sulla Gioconda e ci illustra il giallo dell'identità in mezzo ad una mole immensa di dati, citazioni e, naturalmente, immagini. In questa sua opera ha anche la benedizione di Carlo Pedretti, massimo esperto mondiale sul da Vinci, autore della prefazione. Lo stesso Pedretti ha avuto l'intuizione, nel 1957, che Monna Lisa possa essere in realtà "Monna Pacifica", madre di Ippolito de' Medici, morta dandolo alla luce e che messer Leonardo avrebbe dipinto su richiesta di Giuliano; ipotesi affascinante, anche se non condivisa in modo del tutto unanime.

Questo "giallo" nulla toglie, anzi, molto aggiunge, alla meravigliosa storia e al valore artistico del quadro più famoso del mondo. A chiunque appartenne quel viso angelico e al tempo stesso inquietante (se mai appartenne a qualcuna e non fu solo frutto dell’«idea» di Leonardo) resta l’anello di congiunzione tra il Medio Evo e l’Era Moderna. Il saggio ci racconta che quella che noi chiamiamo «Gioconda» è molto più di un ritratto, è il simbolo di un’epoca di straordinaria importanza, il Rinascimento, e del suo più luminoso rappresentante.

La Monna Lisa è l’opera finale di un genio che si portò dietro per anni questo dipinto, dedicandogli tutta la sua cura e la sua attenzione. Alberto Angela, con il suo saggio, racconta quello che l’arte ha rappresentato per l’uomo dai Bronzi di Riace a Andy Warhol, spiega come il quadro si incastoni in questo appassionante cammino, pone un nuovo contributo per la conoscenza storica dell’opera e, soprattutto, sulla figura di Leonardo, dando ben poche risposte, ma generando nuove e stimolanti domande. 

Leonardo diceva: «Tristo è quel discepolo che non avanza il suo maestro». Però fino ad oggi, nessuno ancora lo ha superato.

09/09/17

Il giallo delle pitture murali ritrovate di Boldini (da leggere)

 

Ho visitato la mostra di seguto descritta. Un capolavoro ritrovato degno di un giallo.


MYSTERIUM



tempi.it

La mostra di Giovanni Boldini

agosto 26, 2017 Gianfranco Ferroni

Il titolo dell’esposizione a Pistoia prende ispirazione da un ciclo di pitture murali a tempera che Boldini eseguì durante il suo periodo toscano
Lo splendore dei capolavori di Giovanni Boldini (1842-1931) è sempre protagonista delle grandi mostre italiane. Dopo la celebratissima esposizione romana, nelle sale del Vittoriano, dove era visibile l’acquerello “Cavallo e Calesse” della Fondazione Sorgente Group, presentato lo scorso 30 giugno nell’Ala Brasini dell’Altare della Patria da Claudio Strinati e Valter Mainetti, in occasione di Pistoia Capitale Italiana della Cultura, presso il Museo dell’Antico Palazzo dei Vescovi gestito da Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia, dal 9 settembre e fino al 6 gennaio del prossimo anno, sarà allestita la mostra “Giovanni Boldini. 

La Stagione della Falconiera”. Voluta dalla banca del Gruppo Intesa Sanpaolo come evento culturale di spicco tra quelli attivati nel corso del 2017, curata da Francesca Dini con la collaborazione di Andrea Baldinotti e Vincenzo Farinella, la mostra rappresenta una delle esposizioni più importanti dell’anno programmate dal Museo ed una delle più interessanti nel cartellone delle iniziative di Pistoia Capitale. Il titolo della mostra prende ispirazione da un ciclo di pitture murali a tempera che Boldini eseguì durante il suo periodo toscano, sul finire degli anni sessanta dell’Ottocento, presso la Villa La Falconiera, che apparteneva allora alla mecenate inglese Isabella Falconer.

Un ciclo di pitture murali di cui per diverse vicissitudini dopo l’esecuzione nel 1868 si perse subito la memoria, rappresenta un unicumin Europa, non solo per quanto riguarda la produzione artistica del grande pittore ferrarese, ma in generale della corrente macchiaiola, alla quale il Boldini aderì, in modo personalissimo, prima del suo trasferimento a Parigi (1871), dove era destinato a diventare il più importante ritrattista internazionale e icona stessa della Belle Époque.
Oggi questo patrimonio è interamente custodito all’interno dei Musei dell’Antico Palazzo dei Vescovi. 

La riscoperta delle pitture si deve a Emilia Cardona Boldini, giovane vedova nonché prima biografa del maestro. Alla fine degli anni trenta del secolo scorso, Cardona vagava per la Toscana per ritrovare un ciclo di pitture murali al quale Boldini aveva lavorato in epoca giovanile, in una città di cui il ferrarese non ricordava il nome, ma che iniziava sicuramente con la lettera “P”. 

Emilia giunse, sulla scia di vaghe voci raccolte strada facendo, a Villa La Falconiera e, dopo averla ispezionata, in procinto di andarsene, venne attratta da una rimessa di attrezzi agricoli che altro non era che l’antica, ormai irriconoscibile, sala da pranzo della mecenate, proprietaria della dimora negli anni Sessanta dell’Ottocento e interamente decorata dal giovane Boldini all’età di 25 anni. La vedova decise di acquistare la proprietà nel 1938 e a seguire vi trasferì da Parigi tutte le cose appartenute a Boldini, dalle suppellettili ai dipinti, stabilendo lì la propria dimora. 

La conoscenza di questo importante ciclo pittorico è stata tuttavia  graduale, solo dopo il distacco dai muri della villa (1974), il restauro e la collocazione nel Palazzo dei Vescovi a Pistoia è divenuto oggetto di studi ma è tuttora poco conosciuto al grande pubblico.

Del periodo macchiaiolo di Boldini saranno in esposizione sedici capolavori realizzati durante gli anni toscani (1864-1871), provenienti da collezioni private e da pubblici musei. Tra questi la Marina (1870) custodita a Milano, che ha una trasposizione a tempera in una scena nel ciclo della Falconiera. I ritratti di Telemaco Signorini (1870) e di Cristiano Banti (1866), custoditi presso la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti a Firenze, artisti, legatissimi al Boldini, tanto da averlo sostenuto e promosso non solo durante il suo soggiorno toscano. 

L’innovativo, per posa e colori, Giovane paggio che gioca con un levriero. Il raffinato ritratto di Alaide Banti in abito bianco (1866) e il superbo ritratto del generale Spagnolo, eseguito durante l’inverno trascorso in Costa Azzurra con la signora Falconer, tra novembre 1867 e marzo 1868 e considerato il capolavoro che ha proiettato il giovane Boldini nell’emisfero dei più grandi ritrattisti di tutti i tempi.

Per il presidente di Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia, Alessio Colomeiciuc, “la mostra su Boldini consegue due obiettivi essenziali: non solo arricchisce il ventaglio delle iniziative di valorizzazione del patrimonio artistico pistoiese proponendo il nome di un pittore di sicuro successo, ma garantisce anche la migliore celebrazione di un episodio unico nella storia dell’arte dell’Ottocento italiano, rappresentato dalle suggestive tempere murarie eseguite da Boldini all’interno della villa. Sono lieto che la nostra banca abbia saputo, anche in questa occasione, coniugare l’attività creditizia con la promozione culturale del territorio, rendendo possibile un progetto di grande qualità e bellezza come questa mostra inedita”.
    
  

LINK DI APPROFONDIMENTO :

http://www.lavocedipistoia.it/a7434-le-pitture-murali-di-g-boldini-a-villa-la-falconiera-a-pistoia.html



ALTRE OPERE DI BOLDINI :

http://www.frammentiarte.it/2014/0-boldini-opere/



giovanniboldini.eu

Giovanni boldini

Giovanni Boldini nasce a Ferrara, in via Volta Paletto 1941, il 31 dicembre 1842 dal matrimonio (1830) di Benvenuta Caleffi (1811-1879) e Antonio Boldini (1799- 1872), pittore formatosi sotto la guida di Giuseppe Saroli e unico figlio di Beatrice Mandolini e Giuseppe (1774- 1808). Viene battezzato il giorno stesso nella chiesa di Santa Maria in Vado con i nomi Giovanni Giusto Filippo Maria. Ha come padrino Filippo Pasini. I suoi fratelli sono: Beatrice (1830), Luigi (1832), Carlotta (1833), Filomena (1835), Maria (1837), Giuseppe (1839), Giovacchino (1841), Francesco (1844), Gaetano (1846), Anna (1848), Veronica (1850), Pietro (1852). Tra il 1844 e il 1846 Antonio Boldini esegue le illustrazioni per le Vite de’ pittori e scultori ferraresi di Girolamo Baruffaldi. In quello stesso periodo muore il prozio di Giovanni, Luigi (1772- 30 giugno 1846), ricco avvocato che, non avendo discendenza diretta, lascia parte dei suoi beni ai pronipoti, nominando usufruttuari delle proprietà il nipote Antonio e il fratello Carlo (1782-1849). 
L’anno successivo la famiglia Boldini si trasferisce nella casa del defunto zio, in via Borgonuovo 1719. Nel 1850 riceve la Cresima e inizia a frequentare la scuola elementare nel quartiere di San Domenico dove insegna Antonio Bottomedi. Abbandona prematuramente gli studi per dedicarsi a tempo pieno al disegno. Con altri fratelli si ammala di tubercolosi. Intanto si sposa la sorella Beatrice (1852) che con il marito si stabilisce per un certo periodo in via Volta Paletto 353, ospite della nonna Beatrice e del suo secondo marito, Luigi Federzoni. All’età di quattordici anni (1856) esegue il magistrale autoritratto. Si esercita con la spinetta. Sono gli anni in cui frequenta la scuola di pittura dei fratelli Gerolamo e Gaetano Domenichini. A causa del decesso del marito, Beatrice Mandolini, la zia, come la chiamava Zanin (Giovanni), nel 1857 va ad abitare a casa del figlio dove trascorrerà gli ultimi tre anni della sua esistenza. Nel 1859, su commissione di Alessandro Gori, esegue una copia della Madonna della seggiola di Raffaello. Fra quest’anno e il ’62, grazie all’amico Timoteo Pasini, fidanzato con Adele Passega, conosce la sorella di questa, Giulia, della quale si innamora perdutamente. L’amore per la ragazza non è pienamente corrisposto, tanto che questa si sposerà l’anno successivo con il bolognese Cesare Gualandi. Nel 1861 viene esonerato dal servizio militare perché alto soltanto 1,54 m, un centimetro al di sotto della statura minima richiesta. Grazie all’ipoteca disposta sull’abitazione di via Borgonuovo, nel 1862 Giovanni riceve 3.724 lire. Sopraggiunta la maggiore età dei fratelli Gioacchino, Giuseppe e Luigi, nel 1863 ottiene 29.260 lire quale parte a lui spettante dell’eredità lasciata anni prima dal prozio paterno, somma che nel giro di qualche mese (1864?) gli consente di trasferirsi a Firenze accompagnato dall’amico Enea Vendeghini. 
Nella città granducale stringe amicizia con Michele Gordigiani (probabilmente già in contatto con il padre), con Cristiano Banti e con Telemaco Signorini, in compagnia dei quali frequenta il Caffè Michelangelo e il Caffè Doney in via Tornabuoni. La sua residenza fiorentina, almeno per un certo periodo, è fissata in via Lambertesca al n. 10, terzo piano. In concomitanza con la Pasqua del 1864, rientra a Ferrara per la morte del fratello Francesco. Conosce i Laskaraki e Marcellin Desboutin che lo ospita nella villa dell’Ombrellino a Bellosguardo. Tra il 1865 e il ‘66 si reca più volte nella tenuta di Diego Martelli a Castiglioncello e, presumibilmente, a Ferrara per la morte della sorella Anna (1856). Espone L’amatore delle arti alla Società d’Incoraggiamento di Firenze. Viene premiato dal Ministero dell’Agricoltura, ricevendo più tardi la prima entusiastica recensione firmata da Telemaco Signorini. Sempre nel 1866 potrebbe aver compiuto un viaggio, sia in Lombardia che a Napoli con l’amico Cristiano Banti, visitando la Reggia di Caserta, probabile ambientazione del dipinto Cavalieri. Tornato a Firenze, conosce i nobili inglesi Falconer che lo ospiteranno nella Falconiera, una villetta in località Collegigliato presso Pistoia. In questi soggiorni, protratti almeno fino al 1868, conosce le famiglie Drummond-Wolf e Cornwallis-West. Il 1867 è l’anno della nota diatriba con Desboutin,il quale chiede a Signorini di intercedere per fargli riavere le chiavi del suo studio ancora nelle mani di Boldini. A maggio scrive a Martelli dicendo di aver consigliato la sua casa di Castiglioncello alla famiglia Amigues per le imminenti vacanze estive. In compagnia di un amico greco presentatogli dalla signora Falconer a giugno va a Parigi per visitare l’esposizione Universale, passando da Milano, Arona, Garda, dalla Svizzera, Sion e Neuchatèl; in luglio è di nuovo nella tenuta di Martelli a Castiglioncello. In autunno compie un viaggio a Montecarlo con i Falconer, ospite del generale marchese Esteban José Andrés de Serravalle, del quale esegue il ritratto. 

Rientrato dalla Costa Azzurra, nel 1868, è costantemente ospite dei Falconer a Collegigliato dove realizza le decorazioni murarie della loro sala da pranzo. 

In questo anno intrattiene costanti rapporti con Signorini, che di tanto in tanto lo raggiunge a Pistoia. La signora Falconer si ammala e, a causa dello scarso impegno sul lavoro di Boldini, la loro amicizia si incrina, tanto da giungere a un vero e proprio contenzioso nel quale il pittore reclama il mancato pagamento di alcuni dipinti ancora da eseguire, e che la nobildonna afferma di non aver mai richiesto. A questo proposito, la signora sollecita più volte l’intervento di Signorini per definire la situazione. Successivamente Boldini dipinge un altro ritratto per la famiglia Falconer che si impegna a corrispondergli 1000 franchi. Isabelle Falconer muore l’anno successivo dopo una lunga malattia. Secondo quanto scrive la figlia di Isabelle, Adelina Wolf, il pittore è ancora in debito con la loro famiglia ed ella lo esorta a terminare il ritratto del figlio iniziato mesi prima; Boldini fissa un appuntamento per la posa al quale però non si presenta. A settembre viene venduta l’abitazione di via Borgonuovo a Ferrara ereditata nel 1846 dalla famiglia Boldini che, in aprile si trasferisce in via Volta Paletto. Come testimoniato dai dipinti Giovane donna alla finestra e Giovane alla finestra sullo sfondo dei quali vi è il castello estense di Ferrara visto dalla casa di via Borgonuovo, nel 1870 Giovanni trascorre un certo periodo nella città natale, forse a marzo in occasione della morte del nipote Francesco, figlio di Gioacchino. Il 16 maggio il pittore richiede a una certa signora Williams di essere pagato per l’imballaggio e il trasporto di alcuni dipinti. 31 maggio è datata invece la ricevuta, a lui indirizzata, di 130 lire del sarto Augusto Rose per la realizzazione di capi d’abbigliamento. I banchieri fiorentini Mattini e Eyre, avendo dimostrato in tempo utile la loro disponibilità a corrispondere la somma dovuta a Boldini, si mostrano seccati per il sollecito di pagamento inoltrato dal pittore alla signora Williams. Il 10 ottobre muore il neonato nipote Umberto, figlio di Luigi. Espone per la prima volta a Londra, in una non meglio identificata galleria privata. Nel marzo 1871 riceve un sollecito di pagamento dallo scultore Egisto Gaiani. Il 3 maggio del 1871 muore a Firenze il nipote Antonio, figlio di Beatrice, subito dopo, il 19, Boldini si reca a Londra dove risiede al n. 14 di Brunswick Square, ospite del mercante d’arte Reitlinger. Incontra D’Ancona e lavora costantemente eseguendo numerosi ritratti per la nobiltà inglese. A giugno rivede sir Cornwallis-West il quale lo spinge a trasferirsi nel suo studio al n. 49 di Eaton Place, spostandosi periodicamente in campagna nel castello di West. Annuncia un viaggio a Parigi. Cornwallis-West gli procura proficue commissioni presentandolo al duca di Sutherland, alla duchessa di Westminster e alla principessa di Pless. A Londra Boldini è stato soprannominato Little Italian. Alla fine di agosto risiede a Welsh, in un castello, chiamato a ritrarre la anziana proprietaria. I primi giorni di novembre si stabilisce definitivamente a Parigi e, con la modella Berthè, risiede al n. 12 di avenue Frochot. Intesse rapporti con il mercante Goupil, probabilmente conosciuto a Londra. Questo rapporto caratterizzerà la BoldiniMon Amour 87 cifra espressiva dell’autore almeno fino al 1878. Con Berthè nei primi mesi del 1872 si trasferisce al n. 14 di Place Pigalle. In primavera raccomanda l’amico Banti a Albert Goupil, figlio del notissimo mercante Adolphe, giunto in Italia con l’intenzione di acquistare dipinti. A luglio torna a Ferrara per la morte del padre, visita Venezia, lavorando all’isola di San Giorgio. Progetta un viaggio in Spagna dove vorrebbe andare da gennaio a maggio. La trasferta – non sappiamo se sia realmente avvenuta nei tempi previsti – è testimoniata da almeno un dipinto di soggetto magrebino e da due di soggetto ispanico, uno dei quali datato 1873: Dopo il bagno, Coppia in abito spagnolo con pappagalli, Torero e suonatrice di chitarra, 1873. Rientrato a Parigi, nel giugno del 1873 riparte per un soggiorno a Combes-La Ville da dove intrattiene rapporti epistolari con Signorini. Il 30 novembre, da Parigi, si abbona al Giornale Artistico al quale collaborano Cecioni e Signorini. Consiglia quest’ultimo di inviare i suoi quadri a Goupil, pregandolo di mettere a conoscenza Cecioni di quanto abbia apprezzato il suo articolo su Meissonier. Il 26 dicembre scrive a Signorini, informandolo del pessimo andamento delle vendite e, soprattutto, che non è riuscito a alienare le opere che lui gli ha lasciato a Parigi, suggerendogli di farle pervenire a Goupil per metterle a frutto in un momento migliore. Al Salon del 1874 espone Les blanchisseus e Pont des Saints Péres. Tra ottobre e novembre va prima a Ferrara a far visita alla madre gravemente ammalata e poi a Firenze. Durante questo spostamento, a Parigi, muore la sua governante. In estate dipinge nel parco di Versailles. A novembre muore Mariano Fortuny e, il 7 marzo 1875, la madre. Ospita Michele Gordigiani nel suo studio e si incontra con Antonio Mancini. Intesse rapporti di intimità con la contessa Gabrielle de Rasty, tanto da affittare con lei una garçonniere. A maggio si trasferisce a Versailles in una villetta ammobiliata in boulevard St. Antoine al n. 33, dove dipinge per Goupil. Chiede a Banti di inviargli l’olio dalla Toscana. Il 26 settembre, colpita da un carcinoma, si spegne nell’ospedale psichiatrico di Ferrara, a soli trentatre anni, la sua prima fidanzata, Giulia Passega. Si oppone a che le sue opere del periodo fiorentino siano esposte alla Galleria Lega Borrani perché ritenute giovanili e quindi non rappresentative della sua cifra stilistica attuale. Invita Banti a rinviargli a Parigi il ritratto di Cecconi richiestogli per questo scopo e anche il disegno a matita raffigurante i genitori. Nel 1876 espone al Salon il dipinto Parc de Versailles. Nello stesso anno è ospite di Cristiano Banti, prima a Montemurlo poi a Montorsoli. Secondo quanto emerge dal rapporto epistolare con Telemaco Signorini, nel 1877 il pittore annuncia un viaggio di tre mesi che da Bougival lo porterà in Normandia e poi in Spagna. A febbraio muore il nipote Arrigo, figlio di Gioacchino. Ospita lo scultore Vincenzo Gemito che scolpisce il suo ritratto a mezzo busto. Mancini visita il suo studio. Il 6 dicembre muore la sorella Beatrice. Signorini gli invia una copia de Le 99 discussioni artistiche. Nel 1878 si allentano i rapporti con il mercante Goupil, Boldini intesse una stretta amicizia con Degas. Il 16 giugno è da Diego Martelli a Parigi insieme a Leto, Signorini e Pisani. In estate va a Etràt e a Montroyal. Martelli, corrispondente a Parigi della Gazzetta d’Italia, recensisce alcune opere di Boldini passate per la vendita all’asta tenutasi a seguito del decesso del baritono Faure. Al Salon del 1879 espone La depèche. Si iscrive al Comitato della Società Nazionale degli Artisti Francesi; visita Venezia dipingendo nel Palazzo Rezzonico. Trascorre un periodo a Etretat. Il 28 luglio Enea Cirelli, vedovo di Beatrice Boldini, sposa l’altra sorella, Filomena Boldini. Il fratello Gaetano sposa invece Amalia Bocchi. Insieme alla contessa Gabrielle de Rasty, nel 1880 prende clandestinamente in affitto una garçonniere in Avenue Trudaine n. 24. A maggio espone al Salon Portrait de M.m. A giugno scrive a Signorini, chiedendogli di accompagnarlo in Bretagna. In agosto effettua una gita in Olanda dove può ammirare i prodigiosi ritratti di Frans Hals. Conosce il direttore del Museo del Prado, suocero di Mariano Fortuny. Il 14 settembre esorta Serafino De Tivoli a rientrare a Parigi dall’Italia perché qui i pittori del Caffè Nouvelle Athènes, come Degas, Desboutin e Fichel, lo reclamano. Al Salon del 1881 espone Portrait de M.me la Comtesse de R., a maggio Mancini gli scrive una lettera incomprensibile dal Manicomio Provinciale di Napoli. Incontra Signorini giunto a Parigi per visitare l’esposizione. In luglio va con Berthè a Chatou dove riceve Signorini e De Tivoli. Il maestro Emanuele Muzio, nel 1882, dopo essersi fatto ritrarre, si prodiga affinché Giuseppe Verdi accetti di posare per Boldini. Il 17 dicembre diviene membro onorario dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Nel 1883 è insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. In gennaio dona a Cecilia Madrazo Fortuny il suo ritratto eseguito l’anno precedente. Frequenta il Caffè La Rochefoucauld dove incontra Degas, Pissarro, Cervax, Detti, Spiridio, Liardo, Fichel, Pittara, Manzi e, più volte, Signorini. Il 13 giugno muore Enea Cirelli. Scrivendo al fratello Theo, Van Gogh esterna i suoi pregiudizi sulla pittura di Boldini per poi rettificarli in una lettera immediatamente successiva. Secondo una testimonianza epistolare di Signorini, nel 1884 il Nostro è in rotta con Degas. Dal 20 al 25 giugno Signorini è a Parigi, visita Boldini nel suo studio dove trova la modella Luisette, successivamente l’amico di Verdi, Deleu, e la bambina Antoniette. Prima della sua partenza Signorini e Boldini si scambiano due quadri, quello elargito da Boldini è Signora in costume Impero seduta al tavolo, dipinto anni prima. Frequenta Helleu. Boldini scrive lettere di raccomandazione in favore di Signorini che presenta a Durand Ruel e poi a Boussox succeduto a Goupil nella direzione della Maison. Vende alcune opere al mercante d’arte Cram. A dicembre va a Nizza per la rappresentazione dell’Aida. A Natale è a Genova ospite, con Muzio, di Verdi; prosegue per Firenze, dove arriva il 27 dicembre e riceve l’affettuosa accoglienza di molti amici. 88 BoldiniMon Amour All’inizio del 1885 è ancora alla villa Il Barone di Montemurlo ospite di Banti con cui ha trascorso il capodanno. Rientrato a Parigi fra gennaio e febbraio, riceve delle foto di primitivi da Banti. A maggio partecipa ai funerali di Victor Hugo. Corrisponde con Leopolda Banti Redi anche a proposito di un paio di stivaletti per Alaide da far realizzare da un calzolaio francese, poi spediti a Firenze. Agli inizi di luglio va a Napoli dove alloggia all’Hotel Royal Chiatamone e incontra Morelli, Gemito, Altamura, Dalbono e molti altri. A fine mese è nuovamente in Toscana, ospite a Montorsoli di Banti, con il quale compie una gita a San Gimignano. A settembre torna a Parigi, dove gli amici lo trovano ingrassato. Scrive a Muzio, pregandolo di porgere i suoi saluti a Verdi. Frequenta Degas e De Tivoli. Soffre di mal di denti. Il 26 dicembre scrive alla madre di Alaide, Leopolda, affinché consenta alla figlia di trascorrere un periodo a Parigi da lui, polemizzando per il suo diniego e esternando ufficialmente il suo amore per Alaide. Nel marzo del 1886, grazie a Muzio, incontra Verdi di passaggio a Parigi con Giuseppina Strapponi; in un breve volger di tempo, esegue prima il suo ritratto a olio e successivamente quello a pastello, presentato nello stesso anno alla Galleria Georges Petit, ma non in vendita. Frequenta Alfred Stevens e Serafino De Tivoli. In maggio muore Cecioni. Il primo luglio si trasferisce in una villetta presa in affitto tramite l’amico John Singer Sargent. L’abitazione è ubicata nella zona di plaine Monceau, al n. 41 di boulevard Berthier. Annuncia un viaggio per Digione, Ginevra e Vevey. A settembre compie una gita in Germania, fermandosi a Besancon dai Veil- Picard per proseguire con loro fino a Ginevra, Aix les Bains e poi, da solo, fino a Berlino da Menzel. Nel corso del viaggio incontra anche il figlio di Banti, Leonetto. Sono numerosi i rapporti epistolari con Muzio che è in costante contatto con Verdi. Boldini chiede pretestuosamente a Banti di procurargli l’indirizzo inglese del figlio Alfredo, presso il quale è ospite Alaide, non ottenendo risposta. In autunno si reca a Londra. In occasione della prima dell’Otello, tenutasi a Milano il 5 febbraio 1887, riceve da Muzio un panettone e una lettera in cui il musicista gli assicura un posto alla Scala per lui e per l’amico Poidatz. Verdi lo riceve alla Scala e gli dona uno spartito dell’opera con dedica. A febbraio è a Venezia con Poidatz. In agosto è a San Sebastian, dove assiste alla corrida. A settembre visita l’Esposizione Nazionale di Venezia. A ottobre è nuovamente a Venezia, da dove con Banti prosegue per Verona. L’amico Timoteo Pasini gli scrive da Buenos Aires perché Boldini gli affidi alcuni dipinti per la vendita. Chiede a Banti di interessarsi per suo conto in merito all’acquisto di una tenuta in Toscana. Compie un viaggio in Italia nell’estate del 1888 incontrando Lola Laskaraki, sua vecchia fiamma, con la quale tenta di ristabilire un rapporto sentimentale, venendo però respinto. L’itinerario prevede soste a Rimini, Ferrara e Firenze da dove in ottobre, con Banti, parte per Roma incontrando Cabianca. In estate programma una gita a Montecatini Terme per incontrare Verdi. è a Siena dove ritrova le sue sorelle fra le quali Maria, quasi morente. A settembre è a Venezia e, subito dopo, da Verdi a Sant’Agata. Poi a Bologna, dove visita l’Esposizione Nazionale. Il 20 ottobre è a Milano, in partenza per la Francia; è stato a trovare Verdi a Borgo San Donnino trascorrendo con lui una piacevole giornata, pernottando nella sua villa da dove, il giorno successivo, sono partiti per Cremona diretti da Giuseppina Strepponi. A novembre è a Parigi con la nipote Eva, figlia del fratello Gioacchino. Scrivendo a Banti, ricorda di quando fu toccato da una medusa nelle acque di Castiglioncello ospite di Martelli negli anni sessanta e manifesta l’intenzione di voler acquistare una tenuta nei dintorni di Siena per trascorrerci la vecchiaia. Come sua consuetudine, chiede a Banti di rifornirlo di olio ma anche di vinsanto e vino. Frequenta il maneggio di M.me Lacanne in rue Tilsit e le lezioni di scherma di Francesco Recalchi. All’Exposition Universelle del 1889, Boldini figura nella doppia veste di espositore e commissario della sezione artistica italiana. In questo incarico che porterà a termine superando molte difficoltà e incontrando l’ostilità di alcuni artisti italiani insoddisfatti per gli scarsi risultati ottenuti, viene coadiuvato da Signorini, Rivalta, Banti, Muzzioli, Sodini e Francesco Gioli. Alla rassegna espone Il pastello bianco premiato con il Gran Prix e la medaglia d’oro; Chevaux de relais, tre ritratti a pastello – dei quali uno è quello di Verdi e un altro ritrae M.me Felix Vivante – un acquerello Les amis e due oli raffiguranti rispettivamente un interno di chiesa e una veduta veneziana. A fine luglio scrive a Signorini perché gli faccia sapere il prezzo più contenuto possibile per il dipinto di Lega e degli altri che intendono partecipare alla lotteria per tentare la vendita delle opere rimaste a chiusura dell’esposizione. Essendosi evidentemente interessato anche alle sorti delle opere di altri artisti, riceve diverse risposte di accettazione per abbassare i prezzi, fra cui quelle di Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Raffaello Pagliaccetti e Carlo Pittara. Concluso il suo impegno per l’Esposizione, Boldini si reca a Trouville e a settembre in Spagna e Marocco con Degas, passando per Madrid, Granata, Tangeri e, visitando il museo del Prado, manifesta ammirazione per l’opera di Velàzquez. Il due ottobre, rientrato a Parigi, avverte Signorini che essendo stato fuori, la commissione si è riunita in sua assenza e che non sa nemmeno se l’amico sia stato scelto. Il 30 ottobre riceve il brevetto di Cavaliere della Legion d’Honneur. Due mesi dopo muore la sorella Filomena. Il 26 dicembre scrive a Signorini chiedendogli se ha ricevuto la somma di trecento lire per il quadro della lotteria. Intrattiene rapporti epistolari con Lega. La Riforma pubblica una bella recensione sulla esposizione parigina, Boldini si rivolge a Banti affinché gli spedisca copia del giornale. In una lettera sostiene di essere molto occupato e di partecipare a continui pranzi ufficiali. Nel novembre del 1890 decede Emanuele Muzio. A febbraio aderisce con 200 franchi alla sottoscrizione per l’acquisto de L’Olimpia di Manet, con il proposito di donarla al Museo del Louvre. BoldiniMon Amour 89 Si iscrive alla Société Nationale des Beaux-Arts fondata da Meissonier e da altri, per esporre annualmente in contrapposizione alla Société des Artistes Français. In quella edizione vi espone: Portrait de M. John Lewis Brown et de sa famille, Portrait de M.me R.J., Portrait de M.lle Berthier, Portrait de M.me H., Portrait de M.me Poidatez, Portrait de M.me X, Étude. In estate compie un viaggio a Trouville, probabilmente in compagnia di Helleu. La datazione 1890 del dipinto Piazza delle erbe a Verona attesta la sua presenza in Italia in quell’anno. Prende lezioni di inglese. Nel 1891 si adopera senza successo per far assumere in una banca parigina il figlio di Banti, Alfredo. In luglio si trova a Londra. Al Salon espone: Portrait de M.me D., Portrait de M.me S., La cantante argentina e il Ritratto del piccolo Subercaseaux. Nel mese di agosto è a Aix-les-Bains per fare le terme e per curare un disturbo a una gamba. A settembre soggiorna a Bologna, Brescia e Venezia. La Galleria d’Arte Moderna di Firenze gli commissiona nel 1892 un autoritratto che egli esegue nella villa di Montorsoli, ospite di Banti, in cambio chiede e ottiene un calco in gesso del cardinale de’ Medici del Bernini. Per la prima volta Alaide Banti si mostra indifferente alle sue attenzioni. In agosto è nuovamente in vacanza a Aix-les-Bains. A ottobre, in compagnia di Banti e Luigi Nono, è a Perugia, dove incontra Nino Costa con il quale prosegue per Roma. Tornato a Parigi, impartisce lezioni di pittura all’americana Ruth Sterling. Esegue dei lavori di ampliamento alle finestre dello studio. Si propone nuovamente di acquistare una tenuta in Toscana. Espone al Salon du Champ de Mars il ritratto di M.me Josefina Alvear de Errazuriz e quello della figlia. Nel febbraio 1893 è a Milano per la prima del Falstaff, dove, per intercessione di Verdi, riceve da Ricordi lo spartito rilegato dell’opera che farà poi autografare dal maestro. Prosegue per un breve soggiorno a Palermo e, rientrato a Parigi, spedisce in dono a Verdi il suo ritratto a olio finalmente ultimato. In ottobre visita Bologna poi Venezia, Trieste e Vienna. Il principe reggente di Baviera lo insignisce dell’Ordine di San Michele. Il 13 aprile 1894, mentre Boldini partecipa a una festa di beneficenza, scoppia un incendio all’interno del Bazar de la Charité, causando numerose vittime. Il 30 marzo Borrani introduce con una missiva il colonnello Leicoh, che passando per Parigi avrebbe piacere di conoscerlo. Il sindaco di Venezia Riccardo Selvatico, ideatore e promotore della Biennale esposizione d’arte della città di Venezia, coinvolge Boldini nel comitato patrocinatore della prima rassegna, con l’incarico di ricercare adesioni fra i maggiori artisti francesi dell’epoca. L’impegno da lui assunto lo occuperà per buona parte dell’anno, causandogli qualche preoccupazione per la messa a punto del regolamento della mostra e per le inevitabili antipatie nate fra i partecipanti. Dissuade il sindaco di Venezia dall’includere Zandomeneghi nella lista degli artisti invitati a esporre. Caldeggia invece l’invito e l’adesione di: Helleu, Besnard, Bonnat, Raffaelli, Gervex, Sargent, Beraud, Detaille, Monet, Tissot, Chavannes, Cazin, Duran, Stevens, Rodin, Barrias, Breton, Flameng, Vollon, Gèrome, Lemaire, Jeanniot, Wistler, Duez, Bartholomè, Dagnan, Bouveret, Roll, Carriere. Corrisponde con Verdi. Discute con Selvatico sulla necessità di permettere agli artisti di esporre opere anche già esibite altrove, poiché, visto il poco tempo a disposizione, sarebbe impossibile produrne di nuove all’altezza delle aspettative. Nell’aprile del 1895 si inaugura la prima Biennale di Venezia, dove Boldini è chiamato a partecipare sia quale membro del comitato promotore, sia come espositore. Alla rassegna presenta il ritratto a pastello di Verdi e il ritratto della Signorina Errazuriz. Il Premio Internazionale del Comune di Venezia viene assegnato a F.P. Michetti, presente con La figlia di Jorio, mentre a Boldini va il Premio Nazionale dei Comuni della provincia di Venezia. Il riconoscimento, inizialmente, viene rifiutato da Boldini che lo ritiene addirittura offensivo poiché al di sotto dei suoi meriti. Va a Londra per assistere all’inaugurazione di una mostra di Helleu, poi a Versailles e a settembre nuovamente a Venezia. In occasione di una visita all’esposizione di Belle Arti di Berlino, dove propone il ritratto della principessa Poniatowski e quello di Ruth Sterling nel suo studio, esegue il ritratto di Adolphe Menzel, datato 21 ottobre. Al Salon du Champ de Mars del 1896 Boldini presenta il ritratto della principessa Poniatowski, quello della marchesa Marguerite Rochefort-Lucay e un ritratto di signora. Rifiuta l’invito del conte Filippo Grimani, sindaco di Venezia, a far parte del comitato patrocinatore della seconda Biennale d’arte, accettando invece di essere nominato membro della giuria. Alla Esposizione di Belle Arti di Berlino si presenta con la Venditrice di frutta e il ritratto di M.me Charles Max. In estate risiede in Engadina. Tra l’inverno e la primavera del 1897 fa spesso visita alla famiglia Veil-Picard a Besançon. Al Salon espone il ritratto di M.me Veil-Picard e quello del conte Robert de Montesquiou. Trascorre il mese di luglio a Londra. In agosto è in vacanza a Aix-les-Bains. In seguito alle pressioni esercitate su di lui da Antonio Fradeletto, a settembre è a Venezia per espletare gli impegni assunti quale membro del Giurì alla Biennale. Parte per New York in piroscafo, arrivando il 20 novembre; ricevuto dal banchiere Kahn viene invitato a prendere parte a una rappresentazione al Metropolitan Theatre, dove una grande scritta avverte il pubblico della presenza in sala del celebre artista e un ampio telone riproduce una sua veduta di Versailles. A New York risiede all’Hotel The Waldorf Astoria. Tiene una personale alla Galleria Wildenstein al 303 della Fifth Avenue. Nel corso dell’inverno una grave polmonite lo costringe a letto. Ristabilitosi, nell’aprile del 1898 torna a Parigi dove apprende che a gennaio è deceduta Leopolda Redi, moglie di Banti. In luglio è ospitato dalla principessa di Chimay nell’omonimo castello. Fra l’estate e l’autunno di quell’anno dipinge nella Caserma dei Dragoni di Versailles. Esegue un ritratto a pastello di Giacomo Puccini. Trascorre il mese di agosto a Saint-Moritz in compagnia 90 BoldiniMon Amour della duchessa Grazioli, dell’infanta di Spagna Eulalia e del marchese Antonio Rudini. In ottobre visita Trieste. Nel giugno del 1899 si trova a Siena. Trascorre le vacanze estive in Engadina. Soggiorna a Venezia e espone a Pietroburgo dove lo Zar ammira le sue opere. In Australia, all’età di sessant’anni, muore il fratello Giuseppe. All’esposizione Universale del 1900 espone: Portrait de dame, La principessa Eulalia, Portrait di M. Whistler e Portrait de M.me Schneider, Portrait de M. Le Comte, Fleurs, Portrait de M.me Veil Picard, Portrait de M.me S., Danse espagnole e l’acquerello Parc de Versailles. E’ premiato con il Grand Prix. Compie una crociera sullo yacht di John Gordon Bennet, imprenditore statunitense proprietario del New York Herald, e trascorre parte dell’estate a Saint-Moritz. Nel marzo del 1901, l’artista è ospite dei Florio a Palermo, dove esegue il ritratto di donna Franca Florio, considerato dal marito Ignazio troppo osé e quindi rifiutato e più tardi replicato, ritraendo questa volta la signora in atteggiamento più discreto. A marzo ritorna a Parigi, seccato per non aver ricevuto il titolo di commendatore della Corona d’Italia e per questo motivo dichiara di non voler più esporre in patria. In agosto è nuovamente in Italia e ha occasione di passare anche da Firenze. Trascorre il 1902 a Parigi, lavorando intensamente e dedicando molte sue opere alla signora Joss. Alle sue numerose conoscenze si aggiungono altri due nomi noti, Ugo Ojetti e la contessa Francesca Notarbartolo di Villarosa, sposata d’Orsay, che poi acquisirà una discreta fama di scrittrice con le memorie Ce que peux écrire. A luglio potrebbe essere stato a Londra risiedendo al 39 Hyde Park Gate. Il 1903 segna una ripresa delle sue esposizioni, infatti l’artista è presente con un portrait al Salon della Société National des Beaux Artes. Con Il ritratto di Franca Florio, inviato alla rassegna dai Florio, partecipa suo malgrado alla Biennale di Venezia. Chiede in sposa da Londra la figlia dell’amico Cristiano Banti che manifesta la sua contrarietà, ma, una volta rientrato in Italia, il matrimonio comunque sfuma, pur permanendo un affettuoso legame con Alaide. Questa circostanza determina la definitiva rottura della lunghissima amicizia fra Banti e Boldini. L’attività di ritrattista continua intensa per tutto il 1904: tra le molte opere di quest’anno i ritratti di Victor Hugo, di E. Rostand, della principessa Rita di Hohenlohe e di altre nobildonne. Al Salon espone due ritratti: Portrait de la princesse H. e Portrait de M.me de L.. In agosto è ospite della marchesa di Montegnart a Uriage-les-Bains. Il 4 dicembre muore Cristiano Banti. Fredaletto lo invita a esporre alla Biennale del 1905. Boldini partecipa con tre opere, nel 1905, al Salon: Portrait de M.me V., Portrait de M.me L. e Portrait di M.W.. Alla Biennale di Venezia si presenta con un quadro fuori concorso: Il ritratto di Whistler. Riceve una lettera dai nipoti di Isabelle Falconer, sua vecchia mecenate, i quali, ormai costretti in povertà, chiedono il suo soccorso. Trascorre l’estate a Vittel con M.me Joss de Couchy, che ritrae più volte. Il maestro inizia il 1906 con un trasferimento a Avignone, poi rientra a Parigi e partecipa alla vendita della collezione d’arte dell’attore Coquelin, dove viene venduto anche un suo quadro. Nell’aprile di quell’anno, San Francisco è in gran parte distrutta dal terremoto e sette dei dieci ritratti di Boldini presenti in città vanno distrutti. Al Salon della Société National des Beaux Artes espone tre ritratti: Comtesse Z., Comtesse L. e M.me D.. Nel corso del 1907 non presenta quadri al Salon, ma continua a lavorare alacremente. Frequenta i salotti di Robert de Montesquiou. Muore il fratello Luigi. Durante i primi mesi del 1908 porta a termine due ritratti che poi espone al Salon con i titoli Comtesse de S. e M.me N.. Nell’estate dello stesso anno si reca a Tolosa, a Bordeaux e a Cauterets sui Pirenei, in autunno compie un viaggio in Italia per poi far ritorno a Parigi. Soffre di piorrea. È l’anno in cui muore Giovanni Fattori. Soffre per una forte infiammazione alle gengive. Il 14 marzo 1909 si apre il Salon e Boldini partecipa con tre opere: Portrait de la comtesse P., Portrait de la marquise Casati e Portrait de M. et M.me L. (ovvero I coniugi Lydig o Passeggiata al Bois). Nello stesso mese muore a Bologna il fratello Pietro, l’8 marzo La Voce pubblica un articolo monografico su Boldini a firma Ardengo Soffici. A causa di una malattia, in estate si trova nella città termale di Pougues-les-Eaux, dove conosce la giovane e bellissima Eugènie Legrip, soprannominata la “divina”. A settembre, pochi giorni dopo il suo ritorno a Parigi, parte per Venezia dove si ferma per un mese, proseguendo per Milano ospite della marchesa Casati. Nello stesso anno si registra anche un suo soggiorno a Torino e a Moncalieri, probabilmente per la sua conoscenza con la principessa Letizia Savoia d’Aosta. Al Salon nel 1910 presenta tre ritratti, quello di Mlle Errázuriz, La Duchesse de Montellano e M.me Doyen. Dopo il Salon si reca a Versailles, quindi riparte per l’Italia. Al suo rientro a Parigi, invia una lettera allo scrittore Gabriele D’Annunzio con cui condivide la passione per la vita mondana, pur non instaurandoci mai una vera e propria amicizia. Muore la sorella Carlotta, Boldini compie un viaggio in Italia per partecipare alle esequie. Corrisponde con Carlo Placci. Ben cinque suoi dipinti figurano al Salon del 1911: M.me P.S.P., M.me G.V., il ritratto della Princesse Bibesco, di M.lle M. de H e una Natura morta. Nello stesso anno incontra Lina Bilits, una nuova modella che poserà per lui fino al 1919. Nel 1912 abbiamo la sua quattordicesima presenza al Salon con: Portrait de M.H., Portrait de M.me H., Portrait de M.me B., Portrait de la princesse B.. Prega la marchesa Casati di non esporre il suo ritratto alla Biennale di Venezia, dove si reca personalmente, esponendo invece il Ritratto del marchese Antonio di Rudinì. Muore a Bologna, a sessantadue anni, la sorella Veronica. Prosegue il rapporto epistolare con Carlo Placci. I primi mesi del 1913, a Parigi, lavora con le modelle Lina e Peggy; frequenti sono i suoi spostamenti, in primavera lo troviamo a Roma, in autunno a Bologna, a Venezia, ospite della marchesa Casati, e infine a Firenze. Al Salon espone due ritratti non meglio identificati. Disquisisce con Alaide Banti a proposito dei suoi quadri passati per la Vendita Battistini che Boldini non ritiene autografi. Le opere in realtà provengono da casa Banti e Alaide è BoldiniMon Amour 91 sicura che le abbia eseguite proprio lui. A giugno corrisponde con il fratello Gaetano alle prese con qualche difficoltà economica, il pittore lo rassicura offrendosi di aiutarlo in caso di necessità. Da febbraio a fine giugno del 1914, a Roma, si tiene la II Esposizione Internazionale d’Arte, promossa dalla Secessione, a cui Boldini, sempre in cerca di nuove esperienze, non può non partecipare. Qui presenta tre opere mai esibite in Italia, due indicate con la semplice parola Ritratto, oltre al Ritratto della marchesa Casati. Al Salon espone: Portrait de M.lle R. e Portrait de M.lle L.. Da questo anno non esporrà più al Salon fino al 1921. Nel frattempo scoppia la prima guerra mondiale e si registrano frequenti viaggi dell’artista: da Nizza a Glasgow, talora a Londra, a Parigi e, negli ultimi mesi dell’anno, in Spagna. Nel maggio del 1916 muore la moglie del fratello Gaetano che lascia Bologna per trasferirsi nuovamente a Ferrara. I prezzi per commissionare un ritratto si aggirano fra i 30.000 e i 50.000 franchi. In questi anni si aggravano i suoi disturbi alla vista; poco sappiamo del biennio 1917-1918, durante il quale si sposta per lo più tra la Costa Azzurra e Parigi. Il primo luglio 1918 è a Nizza, il ventitre novembre è a Capri, poi a Nizza e quindi a Parigi. Risale proprio a questo periodo il dono del ritratto di Verdi alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Due riconoscimenti importanti gli vengono conferiti nel 1919: il titolo di ufficiale della Légion d’honneur il 14 gennaio e quello di Grand’Ufficiale della Corona d’Italia il 29 luglio. Inizia a riconoscere un vitalizio alla nipote Eva e al fratello Gaetano. Chiede a quest’ultimo di inviargli foto di piccioni in volo. Ha ormai 77 anni, vede aggravarsi la sua malattia e si ritrova sempre più solo. Intrattiene un nutrito rapporto epistolare con Maria Vendeghini Baldi, figlia del vecchio amico di Ferrara Enea; in queste lettere il pittore rimpiange la città natale ma, viste le cagionevoli condizioni di salute, non si sente di affrontare un viaggio tanto lungo. Durante il 1920 le sue preoccupazioni si concentrano sul diffondersi del bolscevismo, come possiamo dedurre dalle numerose lettere inviate al fratello Gaetano, nelle quali parla anche dell’amore nutrito per una ragazza appena diciassettenne. Continua l’affettuosa corrispondenza con Maria Vendeghini Baldi che a maggio subisce la perdita di un figlio; Boldini esprime la propria partecipazione al grave lutto e esorta la donna a far proseguire l’altro figlio negli studi artistici. Soffre di artrite all’orecchio sinistro. Fa riferimento a un ritratto a matita dei suoi genitori eseguito in età giovanile, asserendo che anche a distanza di così tanti anni non saprebbe far di meglio. Manifesta ammirazione per Gabriele D’Annunzio e programma di andare a Ferrara a fine settembre per congratularsi con i coraggiosi fascisti della città. Il 1921 segna la ripresa delle sue esposizioni al Salon, con due opere: Harjès et ses deux enfants e Portrait de M.me Letellier; molti suoi lavori passano in numerose vendite alle aste parigine. In seguito alla perdita di molti denti, si fa installare una dentiera. Il ritratto eseguito alla signora Edwards, cilena, con i quattro figli sarà oggetto di una lunga causa, nel 1922, in quanto il contratto prevede la raffigurazione di uno solo dei figli e non di tutti e quattro; il maestro ne esce sconfitto ed è costretto a consegnarlo. L’opera finisce in Cile nel 1928. In seguito a una lunga malattia, il 18 giugno, muore Maria Vendeghini Baldi. Giovanni confida a suo marito Giovanni Baldi di pensare spesso alla morte e di voler allestire una sede espositiva a Ferrara, capace di accogliere tutte le opere che egli donerà alla città alla sua morte. Scrive al fratello Gaetano perché gli trovi una casa a Ferrara, dove tornerebbe ad abitare molto volentieri. Al Salon troviamo in esposizione due opere: M.me Edwards et ses enfants e M.me Edwards. Soffre di sciatica. Scrive ad Alaide Banti di progettare una gita a Castiglioncello. Asserisce di essere stato a suo tempo respinto da Alaide a causa del suo amore incoffessato per Frederick Stibbert. Dice di essere invecchiato, di vederci male e di essere sordo da un orecchio. Nel marzo del 1923 compie una gita a Rouen e, in estate, a Ostenda e Lamalou, dove incontra la contessa Grazioli. Il fratello Gaetano, al quale Boldini corrisponde già da qualche anno un assegno di mantenimento, lo raggiunge a Parigi. La cameriera Berthé, al suo servizio dal 1895, si sposa lasciando il lavoro. Si congratula con la Marchesa Casati per l’acquisto del Palais Rose au Vesinet a Parigi, appartenuto a Robert de Montesquiou. Ricevendo delle immagini di Alaide Banti, le esterna il suo apprezzamento. Alaide gli procura una nuova governante svizzera di nome Marie Rouiller. L’anno seguente espone di nuovo due lavori al Salon: Portrait de la Marquise P. del Rio e Portrait du Comte Sforza. Nel 1924, a fine agosto, va in Bretagna ma è costretto a ripartire al più presto a causa delle cattive condizioni climatiche. Durante l’anno intrattiene una fitta corrispondenza con il fratello Gaetano a proposito di un suo eventuale trasferimento a Ferrara e riguardo alla possibilità di istituire un museo a lui dedicato. Afferma che anche la Francia avrebbe bisogno di un Mussolini per mettere mano ai molti problemi della nazione. Si aggravano progressivamente i problemi alla vista. Si lamenta con Alaide della cameriera dal carattere troppo severo, che vorrebbe licenziare, infine riuscendoci. Carlo Placci si congratula con lui per la lapide che il comune di Ferrara ha fatto apporre sulla sua casa natale. Nel giugno del 1925 Arduino Colasanti lo raggiunge a Parigi per offrirgli una sistemazione a Roma, città che concorre con Ferrara per l’eredità del pittore. In agosto, Boldini è a Saint Brieuc, vorrebbe tornare in Italia, ma la sua modella Suzy si ammala di tisi. Assume una nuova cameriera, a sua detta di piccola statura e maleodorante. A dicembre raggiunge Suzy a Cannes, rimanendovi almeno fino al febbraio dell’anno successivo. Nell’agosto del 1926 è insieme a Suzy a Cabourg. In settembre è a Parigi, dove rilascia una nota intervista a De Pisis. Un incontro decisivo per l’artista avviene qualche giorno più tardi, quando conosce Emilia Cardona, giornalista della Gazzetta del Popolo di Torino recatasi nel suo studio per intervistarlo, con la quale inizia un rapporto di affettuosa amicizia che, tre anni dopo, sfocerà nel matrimonio. L’unione tra Emilia, ventisettenne già congiunta nel 1923 con rito civile a Massimo Mencarelli, e l’ormai anziano pittore genera una certa perplessità nel fratello Gaetano e negli amici più stretti. Secondo una testimonianza della vedova Boldini, raccolta molti 92 BoldiniMon Amour anni dopo da Raffaele Monti, il matrimonio non viene realmente consumato, ma è piuttosto vissuto all’insegna di un affetto struggente e di un sottile erotismo mai espresso pienamente. Soltanto oggi veniamo a conoscenza della relazione extraconiugale intrattenuta da Emilia già un anno prima del matrimonio, con lo scultore Francesco “Francis” La Monaca, che sposerà un anno dopo la morte di Boldini. A causa di un articolo di giornale apparso in Italia circa le gravi condizioni di salute del notissimo artista, il fratello Gaetano, preoccupato, invia a Parigi Luigi e Carlo Lega che si rendono conto delle esagerazioni espresse dalla carta stampata. Nei due anni successivi le condizioni di salute di Boldini si aggravano: soffre di reumatismi, viene operato alla prostata e la vista si indebolisce sempre di più. Nel 1927 riceve la lettera appassionata di Lola Laskaraki che rievoca il loro trascorso amore. In occasione della settimana ferrarese, nel 1928, gli viene dedicata una piccola mostra antologica, di cui il pittore si lamenta per la presenza, tra i dipinti selezionati, di alcuni suoi lavori giovanili. Per l’inaugurazione di Torre Vittoria sono esposti i seguenti dipinti: Ritratto della contessa Lydia Magnoni Monti, Autoritratto giovanile, Ritratto della contessa Carolina Magrini, Ritratto di Giuseppe Verdi, Ritratto della principessa di Hohenlohe, Ritratto di un generale spagnolo, Ritratto del conte Maraini, Cortile di fattoria, La sentinella, Dipinto eseguito a dodici anni, Ritratto del padre. Viene nominato Commendatore dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Il podestà di Ferrara, Renzo Ravenna, valuta l’ipotesi di concedere a Boldini un’abitazione di prestigio nella città natale ma i pregiudizi mai del tutto vinti sulla sua giovane convivente fanno sfumare questa possibilità. Con l’aiuto di Giovanni e del fratello Gaetano, Emilia Cardona inizia a redigere quella che, seppur con qualche inesattezza, diverrà la più completa biografia dell’artista. Il 1929 è l’anno del matrimonio, alla presenza di pochi intimi, con la giovane giornalista, da poco legalmente separata dal primo marito: lei ha 30 anni, lui 87. Muore Alaide Banti, definita dall’artista “mia fidanzata di già 60 anni”. La salute di Boldini peggiora nel 1930, sebbene affettuosamente curato dalla moglie. La morte sopraggiunge l’11 gennaio del 1931 per il riacutizzarsi della broncopolmonite. La salma viene trasferita a Ferrara nella Certosa, accanto ai suoi cari. La vedova, dopo pochi mesi, pubblica a Parigi Vie de Jean Boldini, alla cui stesura ha lavorato sotto la guida dello stesso Boldini. Il 7 maggio, alla Galleria Charpentier di Parigi viene inaugurata una retrospettiva in omaggio al grande artista italiano.


biografia di giovanni boldini
di Tiziano Panconi