26/05/21

Concerto per corno e orchestra n 4 k 495 (W. A. Mozart)


Concerto per corno e orchestra n. 4

Compositore Wolfgang Amadeus Mozart

Tonalità Mi bemolle maggiore

Tipo di composizione Concerto

Numero d'opera K 495

Epoca di composizione Vienna, 26 giugno 1786

Pubblicazione 1802 (prima edizione a stampa di André, Ofenbach

Autografo Pierpont Morgan Library, New York (frammentario)

Dedica Leutgeb


Organico

corno (solo)

2 oboi

2 corni

archi (violini I e II; viole; violoncelli; contrabbassi)


Movimenti

3 movimenti:

Allegro moderato (4/4, Mi bemolle maggiore)

Romanza: Andante cantabile (3/4, Si bemolle maggiore)

Rondò: Allegro vivace (6/8, Mi bemolle maggiore)


Il concerto per corno e orchestra n. 4 in Mi bemolle maggiore K 495 è l'ultima opera scritta da W. A. Mozart per questo strumento ed è, come gli altri della serie (K 412, K 417, K 447), dedicato a Leutgeb.

Questo concerto viene considerato importante per la sua esteriorità, per la capacità di valorizzare al meglio le risorse dello strumento ma non così significativo in termini di novità e inventiva. Occorre tener presente che questo concerto, come gli altri della serie, sono tutti scritti per corno naturale, e richiedono doti tecniche non indifferenti nell'esecuzione. Mostra infatti numerosi influssi di altre opere a cui il compositore aveva lavorato in quel periodo.

L'inizio dell'allegro moderato fa pensare alla cantata Die Maurerfreude K 471. Il terzo tema del primo movimento ricorda l'ouverture de Le nozze di Figaro. Tra questi due temi un motivo dolce.

La romanza è un andante molto intimo e suggestivo dove Mozart raggiunge vertici altissimi di cantabilità e si conclude in un pianissimo di grande effetto; l'inizio del movimento risente tuttavia dell'andante presente nella Sonata per pianoforte a quattro mani due K 497.

Il rondò finale è di grande presa sull'ascoltatore e piano di allegria; il corno esegue quasi senza soluzione di continuità motivi che richiamano l'andamento "alla caccia".

La partitura di quest'opera è redatta alternativamente con inchiostro nero, rosso, azzurro e verde: probabilmente per burlare il suo amico Leutgeb. Il manoscritto è oggi conservato nella Pierpont Morgan Library di New York.

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23/05/21

Concerto per flauto sopranino in Do Maggiore RV 443 (Antonio Vivaldi)

 


Klaudia Abramczuk : Concerto per fagotto in Mi minore RV 484 (Antonio Vivaldi)

Callas "la divina" : CASTA DIVA dall'opera NORMA (Vincenzo Bellini)

Casta Diva è il cantabile della cavatina della protagonista nella Norma di Vincenzo Bellini. È la pagina più celebre composta da Bellini. Il compositore francese Fromental Halévy dichiarò che avrebbe barattato tutta la sua musica per quest'aria.

Si colloca nel numero 4 dello spartito, la "scena e cavatina" di Norma, dove costituisce la sezione cantabile, dopo il recitativo "Sediziose voci" e prima del tempo di mezzo "Fine al rito; e il sacro bosco" e della cabaletta "Ah! bello a me ritorna". Costituisce una preghiera che la sacerdotessa gallica eleva alla luna. Davanti al desiderio dei Galli di ribellarsi al giogo romano, la sacerdotessa e veggente Norma cerca di placare gli animi dato che è scritto nel cielo che Roma dovrà cadere (vedere link), ma non al momento e né per mano dei Galli. È preceduta dalla didascalia:

«[Norma] Falcia il vischio: le Sacerdotesse lo raccolgono in canestri di vimini. Norma si avanza, e stende le braccia al cielo. La luna splende in tutta la sua luce. Tutti si prostrano.»

Prima composta in Sol maggiore, l'aria fu abbassata di un tono, a Fa maggiore, perché giudicata troppo acuta da Giuditta Pasta, prima interprete dell'opera. A questa modifica dobbiamo non solo lo scarto armonico tra l'accordo di La bemolle maggiore che conclude il precedente recitativo e l'accordo di sesta napoletana (sol bemolle maggiore) che consente di modulare alla tonalità di Fa, ma anche l'anticipazione degli arpeggi dei violini dalla terza alla prima battuta dell'introduzione strumentale, che Bellini sostituì ai tre accordi isolati, a crome e in pizzicato, della versione in Sol, collocati rispettivamente nel quarto ottavo della prima battuta e sul primo e quarto ottavo della seconda battuta. In tal modo il passaggio modulante, che in origine fungeva da raccordo tra il recitativo e l'aria, venne incorporato in quest'ultima.

La struttura in due strofe ("Casta Diva", "Tempra, o Diva"), ciascuna delle quali corrisponde ad una quartina di versi ottonari, ricalca quella di una romanza. Le prime 10 battute della melodia sono anticipate dalla voce del primo flauto, raddoppiato nelle battute finali dal primo oboe.

Tra le due strofe si colloca una sezione intermedia, in cui il coro ripete sotto voce i versi di Norma su una melodia sillabica che fa da sfondo ai vocalizzi del soprano.

La seconda strofa, identica alla prima tranne che nei versi e nell'aggiunta degli accordi staccati del Coro e di Oroveso, è chiusa da una cadenza vocale cromatica che porta la voce del soprano al La centrale, che nelle odierne esecuzioni è spesso sostituita da cadenze standardizzate e pressoché sempre conclusa sul Fa acuto.

La melodia principale è un tipico esempio di stile melismatico belliniano, in cui le fioriture presentano carattere di arabesco anziché di passaggio di agilità. Altrettanto tipico è l'attacco sulla terza dell'accordo, lo stesso La che nello spartito belliniano (non nella tradizione esecutiva) sigilla il brano come a chiuderne il cerchio.

Sulle sestine dei violini il periodo melodico si distende asimmetricamente. Solo i primi due versi presentano infatti ciascuno la canonica misura di 4 battute, mentre gli ultimi due si fondono in un'unica frase di 7 battute, che culmina nel Si bemolle acuto, dopo un lungo sincopato sulla nota La, di difficile esecuzione.

Altri grandi soprani a cantarla sono stati Giuseppina Ronzi de Begnis, Giuditta Grisi, Lilli Lehmann, Rosa Ponselle, Gina Cigna, Zinka Milanov, Maria Callas, Anita Cerquetti, Joan Sutherland, Montserrat Caballé, Renata Scotto, Jane Eaglen e Toti Dal Monte.

I versi

Casta Diva che inargenti

Queste sacre antiche piante,

A noi volgi il bel sembiante

Senza nube e senza vel.


Tempra o Diva,

Tempra tu de' cori ardenti,

Tempra ancor lo zelo audace,

Spargi in terra quella pace

Che regnar tu fai nel ciel.


MARIA CALLAS : LA DIVINA




Maria Callas non a caso fu soprannominata "la divina".

Biografia • La Divina

Maria Callas (nata Maria Anna Cecilia Sofia Kalogeropoulos), regina indiscussa della lirica appellata di volta in volta come Diva, Divina, Dea e consimili, è nata con tutta probabilità il 2 dicembre dell'anno 1923, sebbene la sua nascita sia circondata da un sostanziale mistero (c'è chi sostiene essere il 3 o il 4 di dicembre). Unica certezza la città, New York, Fifth Avenue, dove abitavano i genitori - Georges Kalogheropoulos e Evangelia Dimitriadis - di origine greca.


L'origine di questa confusione circa le date è da ricercarsi nel fatto che a quanto pare i genitori, per rimediare la perdita del figlio Vasily, morto durante un'epidemia di tifo a soli tre anni, avrebbero voluto un maschio, tant'è che quando la madre apprese di aver dato alla luce una bambina, per i primi giorni non volle nemmeno vederla, mentre il padre non si curò nemmeno di registrarla all'anagrafe.


La sua infanzia fu ad ogni modo tranquilla, come quella di molte bambine della sua età, anche se in precedenza, a soli cinque anni, un fatto tragico rischiò di spezzarle la vita: investita da un'auto nella 192ma strada di Manhattan, rimase in coma per ventidue giorni prima di riprendersi.


Maria aveva una sorella maggiore di sei anni, Jakinthy detta Jackie, la prediletta in famiglia (singolare destino... Jackie sarà il soprannome di Jacqueline Kennedy, la donna che le porterà via il compagno). Jackie godeva di ogni privilegio, come quello di prendere lezioni di canto e pianoforte, lezioni che Maria era costretta solo ad ascoltare da dietro la porta. Con la differenza che lei riusciva ad imparare subito quello che la sorella apprendeva con tanta difficoltà. Non a caso, a soli undici anni partecipò alla trasmissione radiofonica "L'ora del dilettante", cantando "La Paloma" e vincendo il secondo premio.


Maria coltiva la passione per il bel canto anche quando la madre, dopo il divorzio, decide di ritornare in Grecia, portando la ragazza con sé.


Nel 1937 entra al Conservatorio di Atene e, contemporaneamente, si perfeziona nel greco e nel francese. Saranno anni non facili per la giovanissima Callas: le miserie dell'occupazione e della fame, e successivamente la conquista, dopo la guerra, della libertà, di una esistenza finalmente tranquilla e agiata. I primi successi sono proprio in Grecia: "Cavalleria Rusticana" nel ruolo di Santuzza e poi "Tosca", suo futuro cavallo di battaglia.


La Callas ha comunque nel cuore New York e, soprattutto, suo padre: tornare negli Stati Uniti per abbracciarlo e soprattutto per il timore che le venga sottratta la cittadinanza americana è il suo scopo primario. Raggiunge così il padre: saranno due anni non particolarmente felici (di glorie artistiche) che spingeranno Maria Callas, ancora una volta, alla "fuga". E' il 27 giugno 1947, e la meta è l'Italia.


La Callas lascia gli Stati Uniti "ancora povera in canna", come lei stessa disse, con 50 dollari in tasca e pochi vestiti. Con lei ci sono Luisa Bagarotzy, moglie di un impresario americano, e il cantante Nicola Rossi-Lemeni. La meta è Verona dove Maria Callas avrebbe conosciuto il suo futuro marito, Giovanni Battista Meneghini, amante delle opere d'arte e della buona tavola. Li dividevano 37 anni di differenza e la Callas, forse, non amò mai l'uomo che sposerà il 21 aprile 1949.


L'Italia porta fortuna allo scalpitante soprano. Verona, Milano, Venezia hanno il privilegio di sentire le sue "Gioconda", "Tristano e Isotta", "Norma", "I Puritani", "Aida", "I Vespri siciliani", "Il Trovatore" e così via. Nascono amicizie importanti, fondamentali per la sua carriera e la sua vita. Antonio Ghiringhelli, sovrintendente della Scala, Wally e Arturo Toscanini. Il celebre maestro d'orchestra rimane stupito e meravigliato dalla voce del grande soprano tanto che avrebbe voluto dirigerla nel "Macbeth", ma il capolavoro verdiano, purtroppo, non venne allestito alla Scala.


La Callas parlando di Renata Tebaldi dichiarerà: "Quando potremo cantare la Valchiria e i Puritani fianco a fianco, allora si potrà fare un paragone. Fino ad allora sarebbe come paragonare la Coca Cola allo champagne".


Nuovi amori, nuove passioni entrano nella vita (non solo artistica) della Callas. Luchino Visconti che la dirige a Milano, nel 1954, nella "Vestale" di Spontini, Pasolini (al quale la Callas scrisse numerosissime lettere per consolarlo della fuga di Ninetto Davoli), Zeffirelli, Giuseppe di Stefano.


L'italia non è l'unica patria d'elezione del celebre soprano. Trionfi e consensi entusiasti si susseguono in tutto il mondo. Londra, Vienna, Berlino, Amburgo, Stoccarda, Parigi, New York (Metropolitan), Chicago, Philadelphia, Dallas, Kansas City. La sua voce incanta, commuove, stupisce. Arte, gossip e mondanità si intrecciano nella vita di Maria Callas.


Il 1959 è l'anno della rottura con il marito. Grazie all'amica Elsa Maxwell, miliardaria americana, conosce l'armatore greco Aristotele Onassis. Il loro sarà un amore distruttivo "brutto e violento" come lei stesso lo definì. Anni di passione, di amori sfrenati, di lusso e sgretolatezza. Un uomo che farà soffrire moltissimo la Callas.


Dalla loro unione nasce un bambino, Omero, vissuto pochissime ore, che forse avrebbe cambiato il corso della loro storia d'amore.


Dopo il 1964 inizia il declino della cantante, anche se forse più in senso psicologico che artistico. Aristotele Onassis l'abbandona per Jacqueline Kennedy. La notizia la raggiunge attraverso i quotidiani come una mazzata terribile e da quel momento sarà una continua discesa verso l'oblio. La sua voce comincia a perdere smalto e intensità, così "la divina" si ritira dal mondo e si rifugia a Parigi.


Muore il 16 settembre 1977 a soli 53 anni. Accanto a lei un maggiordomo e Maria, la fedele governante.


Dopo la morte, i vestiti di Maria Callas, come quelli di Margherita Gautier, sono andati all'asta a Parigi. Di lei non rimane nulla: anche le ceneri sono state disperse nell'Egeo. Tuttavia esiste una lapide in suo ricordo presso il cimitero parigino di Pere Lachaise (dove sono sepolti molti altri importanti nomi della politica, della scienza, dello spettacolo, del cinema e della musica).


Resta nelle incisioni la sua voce, che ha dato vita in modo unico a tanti personaggi tragici e infelici.

22/05/21

Che cos'è la globalizzazione (voluta dagli schifosissimi Illuminati)

Molti sospettano da tempo che società segrete come i Massoni o gli Illuminati controllino i governi nazionali da dietro le quinte. Ma la globalizzazione economica degli ultimi decenni, con le organizzazioni transnazionali a cui ha dato vita, ha fatto aumentare più che mai il numero di persone convinte che ci stiamo dirigendo verso un governo mondiale, o che ne esista già uno segreto.

LEGGERE ARTICOLO COMPLETO  QUI.

Il pessimismo di Schopenhauer

"Questo mondo è un inferno": Benedetta Santini ci spiega in pochissime parole il pessimismo di Schopenhauer.

19/05/21

Danza della fata confetto - LO SCHIACCIANOCI (Pëtr Il'ič Čajkovskij)

it.wikipedia.org

Lo schiaccianoci 

Lo schiaccianoci
Щелкунчик

Nutcracker1892.jpg

La prima del balletto, il 18 dicembre 1892 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo
CompositorePëtr Il'ič Čajkovskij
Tipo di composizioneballetto
Numero d'operaop. 71
Epoca di composizione1891-1892
Prima esecuzioneSan PietroburgoTeatro Mariinskij, 18 dicembre 1892
Durata media1 h 30 min circa
Manuale

Lo schiaccianoci (in russo Щелкунчик, Ščelkunčik) è un balletto con musiche di Pëtr Il'ič Čajkovskij (op. 71), il quale seguì minuziosamente le indicazioni del coreografo Marius Petipa e in seguito, quelle del suo successore Lev Ivanov.

Il balletto fu commissionato dal direttore dei Teatri Imperiali Russi, Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij, e la storia deriva dal racconto Schiaccianoci e il re dei topi di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1816) nella versione edulcorata di Alexandre Dumas padre, Storia di uno schiaccianoci (1845).

Storia del balletto

Costumi originali di Mamma Cicogna e i pulcinella, ad opera di Vsevoložskij per la prima del balletto, 1892

Ol'ga Preobraženskaja (La Fata Confetto) e Nikolaj Legat (Il Principe) in Lo schiaccianoci (circa 1900)

Čajkovskij compose le musiche del balletto tra il 1891 e il 1892. La prima rappresentazione, che ebbe luogo il 18 dicembre 1892 presso il Teatro Mariinskij di San PietroburgoRussia, fu diretta interamente dal compositore italiano Riccardo Drigo e coreografata dal ballerino russo Lev Ivanov; questa esecuzione tuttavia non riscosse successo[1]. Tra gli interpreti di questa prima esecuzione spiccano l'italiana Antonietta Dell'Era, nel ruolo della Fata Confetto, il russo Pavel GerdtOl'ga Preobraženskaja e il giovane Nicolaj Legat. Il ruolo di Clara era interpretato da una bambina della scuola di ballo del Teatro Mariinskij.

La suite, estremamente popolare in sede concertistica, fu realizzata nell'agosto 1892 dal musicista stesso, che a differenza degli altri due propri balletti, per i quali non era convinto a creare una suite, lo fece su invito come "anteprima" della prossima realizzazione, addirittura quando non era stata ancora iniziata l'orchestrazione integrale del balletto (i primi numeri furono proprio quelli della Suite)[2]. La diresse personalmente a San Pietroburgo il 7 marzo 1892, un esito trionfale. La Suite dura una ventina di minuti, utilizzando lo stesso organico dell'opera ballettistica[3].

Una novità in quest'opera è la presenza di uno strumento che fu visto dal compositore a Parigi: la celesta. Čajkovskij lo volle assolutamente inserire nell'organico strumentale e lo aggiunse in alcuni passaggi del secondo atto: Scene iniziali, Passo a due (Danza della Fata Confetto) e Apoteosi con associazione al personaggio della Fata. Lo strumento venne usato da Čajkovskij anche nel proprio poema sinfonico Il Voevoda, op. 78, contemporaneo al balletto. Prima di lui, in assoluto, Charles-Marie Widor nel 1880. Il nostro musicista temeva che i suoi "rivali" russi potessero precederlo nell'utilizzo dello strumento.

Alcune versioni diverse

Dopo la prima esecuzione di Ivanov vanno ricordate quelle riviste da Gorskij nel 1917 e da Lopukhov nel 1929. Nel 1934 al Teatro Mariinskij fu inscenata l'edizione di Vasilij Vajnonen (il ruolo di Clara coincideva con quello della Fata Confetto) e nel giugno dello stesso anno ci fu il debutto europeo del balletto, al Sadler's Wells di Londra, riprendendo la coreografia di Ivanov. In Italia arrivò solamente quattro anni dopo, nel 1938, alla Scala di Milano, con la coreografia di Margherita Froman.

Una rappresentazione de Lo schiaccianoci

Gli anni successivi videro numerose versioni differenti del balletto, tra le quali quelle di Boris RomanovFrederick Ashton e quelle di Nicholas Beriozoff. La rivisitazione più particolare fu quella di George Balanchine che nel 1954 decise di dividere il balletto in due parti, seguendo la trama originale: la realtà e il sogno. Questa versione fu poi rappresentata dal New York City Ballet.

Lo schiaccianoci è anche uno dei soggetti più rappresentati nelle scuole di ballo; una versione ad esempio è quella creata per la Scuola di Ballo dell'Accademia del Teatro alla Scala di Milano da Frederic Olivieri, rappresentata al Piccolo Teatro di Milano nel 2011 e nel 2012, un'altra invece per la Scuola di Danza del Teatro dell'Opera di Roma da Pablo Moret ed Ofelia Gonzalez rappresentata al Teatro Nazionale nel 2012 e nel 2013.

Lo schiaccianoci moderno

Lo schiaccianoci è stato ripreso più volte dal cinema, dal teatro e dallo sport.

Un esempio cinematografico è il film Fantasia di Walt Disney, in cui fatefunghipescifioricardi e orchidee danzano al ritmo dello Schiaccianoci: la partitura musicale di Čajkovskij è stata riproposta fedelmente. Il balletto originale dura solamente novanta minuti, quindi è più breve rispetto al Lago dei cigni o a La bella addormentata. In queste rappresentazioni i compositori omettono brani, li riordinano o addirittura aggiungono brani tratti da altre opere. Nel 1983 infatti, ne Lo schiaccianoci: fantasia su ghiaccio, un adattamento televisivo per uno spettacolo di pattinaggio su ghiaccio, le musiche originali sono state riordinate secondo un'altra scaletta e sono state aggiunte poi musiche di un altro compositore russo, Mikhail Ippolitov-Ivanov.

L'attuale popolarità de Lo schiaccianoci è in parte dovuta a Willam Christensen, fondatore della compagnia San Francisco Ballet, che importò il lavoro negli Stati Uniti nel 1944. Il successo del balletto e la coreografia di George Balanchine per la sua prima rappresentazione nel 1954 creò una vera e propria tradizione invernale nelle rappresentazioni dell'opera negli Stati Uniti.

Lo schiaccianoci ebbe anche una parodia sul settimanale Topolino, pubblicata nel 1988 con protagonista MinniMinni e il re dei topi: la storia ha la particolarità che i ruoli dello Schiaccianoci e del Re dei Topi sono invertiti, con il primo nella parte del cattivo e il secondo in quella del buono[4].

Nel 1990 viene realizzato un lungometraggio d'animazione intitolato: La favola del principe schiaccianoci ispirato alla favola di E. T. A. Hoffmann Schiaccianoci e il re dei topi, con le musiche originali del celebre balletto. Nel 1993 il regista Emile Ardolino produce una versione cinematografica del balletto sulla base della coreografia di George Balanchine, intitolata George Balanchine: Lo schiaccianoci con Macaulay Culkin nel ruolo dello Schiaccianoci. Il film si distingue per essere una ripresa dell'esibizione in teatro del balletto ad opera del corpo di ballo del New York City Ballet, con le musiche originali di Čajkovskij e una voce narrante come uniche parti audio. Al 2001 risale il film d'animazione Barbie e lo schiaccianoci (tit. orig. Barbie in the Nutcracker), che ripropone la storia e le musiche del balletto.

Un film ungherese-britannico in lingua inglese del 2010, è stato firmato dal regista russo Andrej Končalovskij, intitolato Lo schiaccianoci in 3D (tit. orig. The Nutcracker in 3D). Si tratta di un "fantasy" che utilizza sia la musica del balletto, sia altre composizioni di Čajkovskij (come la Quinta Sinfonia), per gli arrangiamenti di Eduard Artemiev e Tim Rice (canzoni). Il film ha ricevuto grandi critiche negative all'estero[5] ed addirittura un Premio per Peggior uso del 3D nella trentunesima edizione 2010 del Razzie Awards 2010, svoltasi il 26 febbraio 2011, che ad Hollywood premia i peggiori film dell'anno. In Italia è uscito il 2 dicembre 2011.

Il 2 novembre 2018 la Disney ha distribuito nelle sale una libera trasposizione cinematografica del romanzo, nel quale vennero riprese anche parti delle musiche del balletto originale. Il titolo del film, diretto da Lasse HallströmLo schiaccianoci e i quattro regni, ha tra gli interpreti Keira Knightley nel ruolo della Fata Confetto, Morgan Freeman in quello di Drosselmeyer, Helen Mirren nella parte di Madre Cicogna e la giovane Mackenzie Foy nel ruolo della protagonista Clara. Sono inoltre presenti i celebri ballerini Misty Copeland e Sergei Polunin per le scene di ballo.[6]

La musica

Struttura del balletto

Atto I

Scena prima
  • 1 L'ornamento, la decorazione e l'illuminazione dell'Albero di Natale
  • 2 La marcia
  • 3 Il Galop dei bambini - Danza dei genitori
  • 4 Arrivo di Drosselmeyer - Danza delle Bambole Meccaniche - Consegna dello Schiaccianoci a Clara
  • 5 Lo Schiaccianoci - Danza del nonno
  • 6 La partenza degli ospiti - La Notte
  • 7 La Battaglia

Bozzetto originale di Konstantin M.Ivanov (non parente del coreografo) per la prima del balletto del 1892

Scena seconda
  • 8 Una foresta di abeti in inverno
  • 9 Valzer dei fiocchi di neve

La "Danza dei fiocchi di neve"

Atto II

Scena prima
  • 10 Il Castello Magico sulla Montagna dei Dolciumi
  • 11 Arrivo di Clara e dello Schiaccianoci
  • 12 Divertissement:
    • La Cioccolata - Danza spagnola
    • Il Caffè - Danza araba
    • Il Tè - Danza cinese
    • Trepak - Danza russa
    • Pas des trois - Pastorale
    • Danza degli zufoli
    • Mamma Cicogna e i pulcinella
  • 13 Valzer dei fiori
Scena seconda
  • 14 Pas de deux:
    • Il Principe e la Fata Confetto - Entrata
    • Il Principe e la Fata Confetto - Variazione 1: Tarantella.
    • Il Principe e la Fata Confetto - Variazione 2: Danza della Fata Confetto.
    • Il Principe e la Fata Confetto - Coda
  • 15 Valzer finale e Apoteosi

Movimenti della suite (op.71a)

  • I. Ouverture in miniatura
  • II. Danze caratteristiche
    • A. Marcia
    • B. Danza della Fata Confetto
    • C Danza russa - Trepak
    • D Danza araba
    • E. Danza cinese
    • F. Danza dei mirliton (zufoli)
  • III. Valzer dei fiori

Il balletto è una tra le più popolari composizioni della tradizione russa. Le musiche appartengono infatti alla tradizione romantica e contengono alcuni tra i più memorabili brani d'essa: molte sono le melodie utilizzate dalla televisione e dai film.

Il Trepak, o Danza russa, è una delle parti più riconoscibili del balletto, insieme al famoso Valzer dei fiori, come pure la Danza della Fata Confetto Il balletto contiene in modo sorprendente armonie e colori orchestrali del tutto moderni, nonché una strabiliante ricchezza di melodie: ciò nonostante, l'ammirazione del compositore per il Rococò e la musica del XVIII secolo si possono notare in vari passaggi, come l'Ouverture, l'Entrée des parents e il Tempo di Grossvater, tutti nel primo atto.

La riduzione per pianoforte della partitura venne compiuta da Sergej Ivanovič Taneev, allievo di Čajkovskij e suo stretto amico. Taneev era oltre che un'autentica personalità musicale in Russia, un grandissimo pianista, che poteva rivaleggiare con i maggiori contemporanei. La sua riduzione era talmente difficile che Čajkovskij ne approntò un'ulteriore più abbordabile[7].

Il soggetto

Il libretto è tratto da un racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann ma non nella sua forma originale, troppo cruenta.

Un altro dei curiosi bozzetti di Vsevoložskij per la prima del balletto, 1892

Il racconto ripreso dal libretto dunque si basa su una revisione di Alexandre Dumas, di tono più leggero. Qui verrà analizzata la versione originale del balletto, quella di Marius Petipa.

Atto I

Durante la vigilia di Natale, agli inizi del XIX secolo, il signor Stahlbaum, in Germania, allestisce una festa per i suoi amici e per i loro piccoli figli.

Questi, in attesa dei regali e pieni di entusiasmo, stanno danzando quando arriva il signor Drosselmeyer, lo zio di Clara e Fritz, che porta regali a tutti i bambini, intrattenendoli con giochi di prestigio, nonostante all'inizio incuta paura ai bambini.

Alla sua nipote prediletta, Clara, regala uno schiaccianoci a forma di soldatino che Fritz, il fratello della bambina, rompe per dispetto. Ma Drosselmeyer lo ripara per la gioia della bambina.

Arrivano alla festa anche gli altri parenti e amici, che si uniscono alla festa ballando con gioia. Clara, stanca per le danze della serata, dopo che gli invitati si ritirano, si addormenta sul letto e inizia a sognare. È mezzanotte, e tutto intorno a lei inizia a crescere: la sala, l'albero di Natale, i giocattoli. e soprattutto una miriade di topi che cercano di rubarle lo schiaccianoci.

Clara tenta di cacciarli, quando lo Schiaccianoci si anima e partecipa alla battaglia con i soldatini di Fritz: alla fine, rimangono lui e il Re Topo, che lo mette in difficoltà. Clara, per salvare il suo Schiaccianoci, prende la sua scarpetta e la lancia addosso al Re Topo, distraendolo; lo Schiaccianoci lo colpisce uccidendolo. Ed ecco che lo Schiaccianoci si trasforma in un Principe, e Clara lo segue, entrando in una foresta innevata. L'Atto si chiude con uno splendido Valzer dei fiocchi di neve.

Atto II

I due giovani entrano nel Regno dei Dolci, dove al Palazzo Reale li riceve la Fata Confetto, che si fa raccontare dallo Schiaccianoci tutte le sue avventure, e di come ha vinto la battaglia col Re Topo. Subito dopo, tutto il Palazzo si esibisce in una serie di danze che compongono il Divertissement più famoso e conosciuto delle musiche di Čajkovskij e che rendono famoso il balletto, culminando nel conosciutissimo Valzer dei fiori.

Dove nella Variazione II si può riconoscere in maniera eclatante il suono della celesta. Il balletto si conclude con un ultimo Valzer, e il sogno finisce: una volta risvegliata, mentre si fa giorno, Clara ripensa al proprio magico sogno abbracciando il suo Schiaccianoci.

Clara

Il personaggio di Clara (poi principessa e fata confetto nelle varie versioni), nome nella versione originale tedesca, in un secolo di balletto ha cambiato varie volte il nome in Marikhen, Mary e poi Masha in Russia dopo la prima guerra mondiale per motivi patriottici[8].

Duetto buffo di due gatti (Gioacchino Rossini)


 www.guidaallascolto.it

Gioacchino Rossini: Duetto buffo di due gatti – Introduzione

GioacchinoRossini


Il Duetto buffo di due gatti in re minore, è un pezzo popolare per due voci femminili, accompagnate dal pianoforte, che cantano e … miagolano, in quanto interpretano due gatti (che miagolano, appunto, in modo lamentoso e suadente) e che spesso viene eseguito come bis durante i concerti o nelle serate di gala.

Nonostante questo brano sia attribuito a Gioachino Rossini (1792 – 1868), in effetti non è stato scritto dal compositore pesarese, ma consiste in una compilation scritta nel 1825 che riprende, tra gli altri, alcuni passaggi della sua opera del 1816, Otello.

L’autore di questa compilation potrebbe essere il compositore inglese Robert Lucas de Pearsall (1795 – 1856), famoso per la sua creazione di inni, che usò, nell’occasione della pubblicazione presso Ewer & Johanning, lo pseudonimo di G. Berthold.

I brani che compaiono nel brano sono ripresi, nell’ordine, da:

  1. la Katte-Cavatine” del compositore danese Christoph Ernst Friedrich Weyse (1774 – 1842), Adagio
  2. un estratto del duo tra Otello e Iago del secondo atto dell’Otello (di Rossini), Andantino
  3. un estratto della cabaletta dell’aria Ah, come mai non senti, tratta dallo stesso secondo atto e cantata da Rodrigo, Allegretto.

Le parole qui usate consistono unicamente nella ripetizione straziante dell’onomatopea miau, quindi un unico e incessante miagolare di gatti  , e questo dà all’insieme un’immagine umoristica.

Tutto è fresco, leggero e pieno di sfumature, che alterna grida di dolore e di gioia: insomma un vero e proprio capolavoro che valorizza tutta la ricchezza del vocabolario felino.

Il pezzo è una divertente parodia di un duetto d’amore di una coppia di cantanti.
I due amoreggiano in modo languido, si graffiano e si riconciliano.

Aria della regina della notte - IL FLAUTO MAGICO (W. A. Mozart)

La Regina della Notte è un personaggio de  Il Flauto Magico di Mozart. Non voglio raccontarvi la trama che potrete leggere cliccando su questo link , ma voglio parlarvi di una delle arie più impegnative di quest’Opera lirica: “Der hölle rache“. Ad eseguirla è un soprano, così detto di coloratura . 

Per i non addetti ai lavori, il soprano di coloratura è quella voce femminile che ha come caratteristica una grande agilità ed estensione,  proprio ciò che Mozart desiderava per il suo perfido personaggio. 

Una snocciolata di note acute e sovracute picchiettate in successione fino a raggiungere la vetta del Fa sovracuto . Se non si possiede una buona conoscenza tecnica del fiato, difficilmente si potrà eseguire quest’aria con la giusta intonazione.

Sono davvero poche le voci che possono eseguirla senza problemi. E’ sempre vivo in me il ricordo della mia compagna di studi Giusy Devinu che ha eseguito la Regina della Notte diverse volte nel corso della sua carriera. Quando iniziò a studiare quest’aria , passava molte ore a ripetere il passaggio più difficile. 

Lei usava la voce come uno strumento. Il suo metodo di studio era lo stesso che utilizzava per studiare una sonata per pianoforte. Per lei non faceva differenza che fossero le mani o la voce. Ripetere, ripetere all’infinito. Tanti colleghi cantanti ancora oggi la ricordano per questa sua determinazione nel raggiungere l’obiettivo della perfezione vocale e scenica. Nessuna nota o parola era lasciata al caso.

Il viaggio a Reims - Overture (Gioacchino Rossini)

 www.settemuse.it

Settemuse Opera Il viaggio a Reims

Enrico Riccardo Spelta
2-2 minutes

Opera Il Viaggio a Reims

Trama de Il Viaggio a Reims di Gioachino Rossini

La storia de Il Viaggio a Reims è ambientata alla residenza di vacanza "Il Giglio d'Oro" a Plombière


Atto Unico

Nella residenza termale "Il Giglio d'Oro" a Plombière illustri ospiti sono in attesa della partenza per Reims in vista dell'incoronazione dei Re Carlo X.

La titolare del Giglio d'Oro, Madama Cortese, ordina alla servitù di terminare in fretta gli ultimi preparativi per il viaggio mentre alcune donne, belle e capricciose, dell'alta società si intrattengono con altri nobili ospiti del gruppo, godendo dei loro corteggiamenti.

Interviene nei preparativi per il viaggio, Don Profondo, un antiquario, che stilla un elenco dei tesori dei presenti.

Dopo aver preparato il bagaglio della contessa, e tra corteggiamenti, rifiuti, litigi e schermaglie, si è pronti per partire quando giunge improvvisamente la notizia che non ci sono cavalli da poter utilizzare per il viaggio a Reims.

La partenza è ancora rimandata e la contessa offre a tutti ospitalità proponendo di partire il mattino dopo con la corriera giornaliera diretta a Parigi, dove si stanno organizzando i festeggiamenti per il rientro da Reims di Re Carlo X.

La serata prosegue con un sontuoso banchetto dove tutti cantano e ballano.

Tra un inno nazionale e l'altro Corinna, una improvvisatrice romana, canta le virtù di Re Carlo X.

Brano non di facile esecuzione.

Il Signor Bruschino - Ouverture (Gioacchino Rossini)

www.nausica.org

Sintesi e Storia dell'Opera Il Signor Bruschino di Gioacchino Rossini by Nausica Opera International Associazione Musicale Culturale APS

Studio Melograno Parma - www.melogran.com
7-9 minutes

Il signor Bruschino, ossia Il figlio per azzardo è un'opera lirica di Gioachino Rossini

Il libretto, denominato una farsa giocosa in un atto, è di Giuseppe Maria Foppa, che aveva già scritto per Rossini L'inganno felice e La scala di seta ed è tratto dalla commedia Le fils par hasard, ou Ruse et folie (1809) di Alissan de Chazet e Maurice Ourry.

L'operina appartiene al gruppo di cinque farse che Rossini scrisse per il Teatro San Moisè di Venezia (le altre, oltre alle due citate sopra sono La cambiale di matrimonio e L'occasione fa il ladro).

Il signor Bruschino andò in scena il 27 gennaio 1813 facendo fiasco, e venne subito sostituita dal Ser Marcantonio di Stefano Pavesi. L'opera venne rappresentata nel XIX secolo solo una volta, nel 1844, a cui seguirono sporadici allestimenti nel XX secolo.

A partire dall'edizione del Rossini Opera Festival del 1985 l'opera, eseguita sulla base dell'edizione critica della partitura, ha iniziato ad essere saltuariamente presente nei cartelloni delle stagioni.

La sinfonia dell'opera, invece, viene eseguita di frequente ed è nota per l'effetto richiesto da Rossini ai secondi violini di battere con l'archetto ritmicamente sul leggio.

La trama
Giunto nel castello del vecchio Gaudenzio per rivedere Sofia, di lui pupilla, e trarla finalmente in sposa, Florville viene a sapere dalla cameriera Marianna e poi dalla stessa Sofia che il tutore l'ha destinata in moglie al figlio di un certo Signor Bruschino: nessuno conosce di persona il promesso sposo di cui si attende a momenti l'arrivo. Deciso a ogni costo a troncare questo contratto, Florville, rimasto solo, si imbatte per un caso fortuito nel locandiere Filiberto .

Florville viene così a sapere che il figlio di Bruschino è tenuto sotto chiave nella locanda perché ha fatto debiti per più di 400 franchi. Fingendosi cugino di Bruschino, Florville si offre di saldare una parte del debito a patto che Filiberto tenga ancora rinchiuso il ragazzo per qualche tempo.

Congedato il locandiere, dal quale si è fatto consegnare la lettera di presentazione di Bruschino, Florville, il cui aspetto è ignoto a Gaudenzio decide di sostituirsi a Bruschino figlio per sposare Sofia. Per meglio ordire la beffa dà a Marianna una falsa lettera per Gaudenzio nella quale Bruschino padre chiede al tutore di fare arrestare il figlio perdigiorno e di trattenerlo nella propria casa, dandogli inoltre una accurata descrizione del ragazzo.

Così Florville, fattosi volontariamente trarre in arresto, comincia a recitare davanti al credulo Gaudenzio la parte di Bruschino, ostentando grande rimorso per i propri misfatti.

Ma ecco che sul più bello giunge Bruschino padre, infuriato per i guai combinati dal figlio. Florville, continuando la sua commedia, gli chiede perdono ma Bruschino, naturalmente, non lo riconosce e credendo di essere turlupinato vorrebbe chiamare il delegato di polizia. Gaudenzio ingannandosi crede che il vecchio disconosca il figlio per rancore verso di lui e finisce infine con l'irritarsi.

Rimasto solo con SofiaGaudenzio le chiede di ricondurre alla ragione lo "snaturato padre" ma ancora una volta Bruschino non recede e a nulla valgono i lamenti e le ragioni della fanciulla.

Di lì a poco giunge il delegato e, per provare l'identità del nuovo Bruschino, è confrontata una lettera del vero Bruschino con quella di Florville avuta da Filiberto: ovviamente la scrittura dei due fogli si rivela identica.

Infine l'intervento di Filiberto, che si rivolge a Florville chiamandolo Bruschino, dilegua ogni dubbio e tutti infieriscono contro il povero Bruschino padre: questi rimane ancor più confuso e smarrito mentre Gaudenzio comincia a credere che egli non voglia riconoscere il figlio per non adempiere al contratto nuziale.

Quando tutti si sono allontanati, Filiberto torna a reclamare il saldo del debito importunando questa volta lo stesso Bruschino che scopre così tutto l'imbroglio ordito da Florville: Bruschino è deciso a svelare tutto, ma non appena apprende che Florville è figlio del senatore acerrimo nemico di Gaudenzio, decide di vendicarsi del tiro subito e, riconoscendo il giovane come proprio figlio, lascia che questi sposi Sofia. Assicuratosi che Sofia ami realmente il presunto Bruschino, anche Gaudenzio acconsente alle loro nozze.

Ma ecco che fa la sua comparsa il vero figlio di Bruschino. La sorpresa di Gaudenzio diventa rabbia quando apprende di aver promesso Sofia al figlio del suo peggior nemico; ma ormai è tutto fatto e al vecchio tutore non resta che perdonare.
Organico orchestrale

Rossini scrisse l'opera per piccola orchestra comprendente: 1 flauto, 2 oboi (II. anche corno inglese solo nell'aria di Sofia n. 5) , 2 clarinetti, fagotto, 2 corni, archi
Per i recitativi: clavicembalo (violoncello e contrabbasso ad libitum)

15/05/21

All'erta, all'erta! - IL TROVATORE (Giuseppe Verdi)




Il trovatore è un'opera di Giuseppe Verdi rappresentata in prima assoluta il 19 gennaio 1853 al Teatro Apollo di Roma. Assieme a Rigoletto e La traviata fa parte della cosiddetta trilogia popolare.

Il libretto, in quattro parti e otto quadri, fu tratto dal dramma El Trovador di Antonio García Gutiérrez. Fu Verdi stesso ad avere l'idea di ricavare un'opera dal dramma di Gutiérrez, commissionando a Salvadore Cammarano la riduzione librettistica. Il poeta napoletano morì improvvisamente nel 1852, appena terminato il libretto, e Verdi, che desiderava alcune aggiunte e piccole modifiche, si trovò costretto a chiedere l'intervento di un collaboratore del compianto Cammarano, Leone Emanuele Bardare. Questi, che operò su precise direttive dell'operista, mutò il metro della canzone di Azucena (da settenari a doppi quinari) e aggiunse il cantabile e quello di Leonora (D'amor sull'ali rosee - IV.1). Lo stesso Verdi, inoltre, intervenne personalmente sui versi finali dell'opera, abbreviandoli.

La prima rappresentazione fu un grande successo: come scrive Julian Budden, «Con nessun'altra delle sue opere, neppure con il Nabucco, Verdi toccò così rapidamente il cuore del suo pubblico».


Parte I 

La scena si apre nel castello dell'Aljafería di Saragozza. Il Conte di Luna ama Leonora, dama di corte della regina, non corrisposto, ogni notte monta la guardia davanti alla sua porta nel tentativo di vederla. 

Mentre egli si strugge di questo amore, Ferrando, capitano delle sue guardie, racconta agli armigeri la storia del fratello minore del Conte: il bambino fu rapito anni prima da una gitana per vendicare la madre, giustiziata dal precedente Conte con l'accusa di praticare la stregoneria; la zingara (Abbietta zingara) aveva poi gettato il bambino nella stessa pira ov'era morta la madre, il cui fantasma infesta ora il castello, e per questo infanticidio i soldati ora chiedono la sua morte. I soldati, pur essendo uomini di guerra, provano orrore di fronte a questo fatto di sangue. 

Quando, infine, apprendono della storia del presunto fantasma della zingara che ancora si aggirerebbe per il castello alla mezzanotte, sguainano le loro spade allo scandire dell'ora in preda al terrore.



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PARTE PRIMA 


Scena prima. Ferrando (Basso), Familiari

Atrio nel palazzo dell'Aliaferia.

Da un lato, porta che mette agli appartamenti del Conte di Luna Ferrando e molti Familiari del Conte giacciono presso la porta; alcuni Uomini d'arme passeggiano in fondo


Ferrando (ai Familiari vicini ad assopirsi)

All'erta, all'erta! Il Conte

N'è d'uopo attender vigilando; ed egli

Talor presso i veroni

Della sua cara, intere

Passa le notti.


Familiari

Gelosia le fiere

Serpi gli avventa in petto!


Ferrando

Nel Trovator, che dai giardini move

Notturno il canto, d'un rivale a dritto

Ei teme.


Familiari

Dalle gravi

Palpebre il sonno a discacciar, la vera

Storia ci narra di Garzia, germano

Al nostro Conte.


Ferrando

La dirò: venite intorno a me.

(I Familiari eseguiscono)


Armigeri (accostandosi pur essi)

Noi pure...


Familiari

Udite, udite.

(Tutti accerchiano Ferrando)


Ferrando

Di due figli vivea padre beato

Il buon Conte di Luna:

Fida nutrice del secondo nato

Dormia presso la cuna.

Sul romper dell'aurora un bel mattino

Ella dischiude i rai;

E chi trova d'accanto a quel bambino?


Coro

Chi?... Favella... Chi mai?


Ferrando

Abbietta zingara, fosca vegliarda!

Cingeva i simboli di una maliarda!

E sul fanciullo, con viso arcigno,

L'occhio affiggeva torvo, sanguigno!...

D'orror compresa è la nutrice...

Acuto un grido all'aura scioglie;

Ed ecco, in meno che il labbro il dice,

I servi accorrono in quelle soglie;

E fra minacce, urli e percosse

La rea discacciano ch'entrarvi osò.


Coro

Giusto quei petti sdegno commosse;

L'insana vecchia lo provocò.


Ferrando

Asserì che tirar del fanciullino

L'oroscopo volea...

Bugiarda! Lenta febbre del meschino

La salute struggea!

Coverto di pallor, languido, affranto

Ei tremava la sera.

Il dì traeva in lamentevol pianto...

Ammaliato egli era!

(Il Coro inorridisce)

La fatucchiera perseguitata

Fu presa, e al rogo fu condannata;

Ma rimaneva la maledetta

Figlia, ministra di ria vendetta!...

Compì quest'empia nefando eccesso!...

Sparve il fanciullo e si rinvenne

Mal spenta brace nel sito istesso

Ov'arsa un giorno la strega venne!...

E d'un bambino... ahimè!... l'ossame

Bruciato a mezzo, fumante ancor!


Coro

Ah scellerata!... oh donna infame!

Del par m'investe odio ed orror!


Alcuni

E il padre?


Ferrando

Brevi e tristi giorni visse:

Pure ignoto del cor presentimento

Gli diceva che spento

Non era il figlio; ed, a morir vicino,

Bramò che il signor nostro a lui giurasse

Di non cessar le indagini... ah! fûr vane!...


Armigeri

E di colei non s'ebbe

Contezza mai?


Ferrando

Nulla contezza...

Oh, dato mi fosse

Rintracciarla un dì!...


Familiari

Ma ravvisarla potresti?


Ferrando

Calcolando gli anni trascorsi... lo potrei.


Armigeri

Sarebbe tempo presso la madre

All'inferno spedirla.


Ferrando

All'inferno? È credenza che dimori

Ancor nel mondo l'anima perduta

Dell'empia strega, e quando il cielo è nero

In varie forme altrui si mostri.


Coro (con terrore)

E vero!


Alcuni

Su l'orlo dei tetti alcun l'ha veduta!


Altri

In upupa o strige talora si muta!


Altri

In corvo tal'altra; più spesso in civetta!

Sull'alba fuggente al par di saetta.


Ferrando

Morì di paura un servo del conte,

Che avea della zingara percossa la fronte!

(Tutti si pingono di superstizioso terrore)

Apparve a costui d'un gufo in sembianza

Nell'alta quiete di tacita stanza!...

Con l'occhio lucente guardava... guardava,

Il cielo attristando d'un urlo feral!

Allor mezzanotte appunto suonava...

(Una campana suona improvvisamente a distesa mezzanotte)


Tutti

Ah! sia maledetta la strega infernal!

(Gli uomini d'arme accorrono in fondo; i Familiari corrono verso la porta)