26/12/19

TUTTE LE FESTE AL TEMPIO - Aria di Gilda dall'opera Rigoletto (Giuseppe Verdi)


Madeline Robinson - soprano 

Jon French - pianoforte

 

Rigoletto: Tutte le feste al tempio


Rigoletto

melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
musica di Giuseppe Verdi (Busseto 1813-Milano 1901)
prima esecuzione: 11 marzo 1851, Venezia, Gran Teatro La Fenice


Atto II, scene 6-8


L’antefatto: il Conte di Monterone irrompe nella corte di Mantova per chiedere conto al Duca dell’onore di sua figlia, sedotta e abbandonata dal nobiluomo. Tratto in arresto, Monterone maledice il duca libertino e il suo buffone Rigoletto, che lo aveva pubblicamente irriso. Questi però cela un segreto: noto a tutti come caustico giullare di corte, ha una figlia bellissima, Gilda, cui non ha rivelato nulla di sé e alla quale impedisce di uscire perfino di casa, se non per recarsi in chiesa. Proprio qui, però, è stata notata dal Duca, che, fingendosi studente e povero, la seduce. Nel frattempo i cortigiani, per vendicarsi del sarcasmo di Rigoletto, decidono di rapire la giovane che vive nella sua casa (e che credono la sua amante) per condurla al Duca.


La scena Gilda esce trafelata dalle stanze del Duca e incontra il padre. Con grande imbarazzo gli racconta di come si sia innamorata di un giovane che credeva sincero e sia stata poi rapita e condotta a corte. Rigoletto si dispera, vedendo disonorata la figlia che per lui significava tutto e nel cui riscatto sociale vedeva lo scopo della sua vita. Giura quindi di vendicare non solo l’oltraggio subito nell’onore della figlia, ma anche quello della famiglia di Monterone (il quale, condotto a morte, aveva rinunciato, in realtà, alla maledizione contro il Duca). Gilda, però, lo supplica di perdonare, dichiarandosi ancora innamorata dell’uomo che l’ha ingannata
 

GILDA

  Tutte le feste al tempio
mentre pregava iddio,
bello e fatale un giovine
s’offerse al guardo mio…
se i labbri nostri tacquero,
dagli occhi il cor parlò.
Furtivo fra le tenebre
sol ieri a me giungeva…
Sono studente, povero,
commosso mi diceva,
e con ardente palpito
amor mi protestò.
Partì… il mio core aprivasi
a speme più gradita,
quando improvvisi apparvero
color che m’han rapita,
e a forza qui m’addussero
nell’ansia più crudel.

24/12/19

Natività opere realizzate dal 1300 al 1700 dai più grandi artisti della ...

Exsultate, jubilate KV 165 (W.A. Mozart) - Ekaterina Bakanova - Concerto Natale al Senato



Natale 2018, concerto in Senato col soprano Ekaterina Bakanova. L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta dal Maestro Fabio Luisi, con la partecipazione del Soprano Ekaterina Bakanova, sono stati i protagonisti della XXII edizione del Concerto di Natale nell’Aula del Senato. Il concerto si è svolto domenica 16 dicembre, alle ore 12, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in diretta su Rai 1. In questo video la straordinaria voce di Ekaterina Bakanova che interpreta il motetto Esultate Jubilate di W.A. Mozart

 
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Exsultate, jubilate




CompositoreWolfgang Amadeus Mozart
TonalitàFa maggiore
Tipo di composizioneMottetto
Numero d'operaK 165 - K6 158a
Epoca di composizionegennaio 1773
Prima esecuzioneMilano, 17 gennaio 1773
Organicosoprano, 2 oboi, 2 corni, archi, basso continuo
Manuale
Exsultate, jubilate (K 165 - K6 158a), in latino Esultate, giubilate, è un mottetto composto da Wolfgang Amadeus Mozart a Milano nel 1773.

Storia

Il mottetto venne composto da Mozart per il castrato Venanzio Rauzzini, che interpretava il ruolo di Cecilio nella messa in scena dell'opera Lucio Silla al Teatro Regio Ducale di Milano.
Grazie ad un post scriptum che Mozart scrisse alla sorella in calce ad una lettera del padre del 16 gennaio 1773[1], si sa che questo mottetto venne eseguito per la prima volta il 17 gennaio 1773 nel convento dei Teatini a Milano, che aveva sede presso la chiesa di Sant'Antonio abate con Venanzio Rauzzini.

Descrizione

Sebbene non sia una composizione di grandi proporzioni, essa è ritenuta fra i massimi esempi di musica vocale del giovane Mozart, appena diciassettenne.
Dal punto di vista strutturale, la composizione risulta suddivisa in quattro episodi:
  1. un Allegro (4/4 in Fa maggiore) di 129 battute (Exsultate, jubilate);
  2. un Recitativo secco di 12 battute (Fulget amica dies);
  3. un Andante (3/4 in La maggiore) di 115 battute (Tu virginum corona): alcuni critici lo descrivono come «uno tra i più affascinanti cantabili della produzione mozartiana di quegli anni»[2];
  4. un Allegro (2/4 in Fa maggiore) di 159 battute (Alleluja): talvolta eseguito come brano a sé, esso rappresenta la parte più celebre della composizione, ricco di agilità e culminante in un do acuto (opzionale).
La parte solista, oggi normalmente affidata ad un soprano, è talvolta interpretata anche da mezzosoprani, come ad esempio Cecilia Bartoli, che ha eseguito il brano l'11 agosto 2006 nel concerto di apertura del Festival di Lucerna, sotto la direzione di Claudio Abbado[3].
Il mottetto è anche eseguito nella riduzione per voce e pianoforte o organo.

Testo

(LA) «Exsultate, jubilate,
o vos animae beatae,
dulcia cantica canendo;
cantui vestro respondendo,
psallant aethera cum me.
Fulget amica dies,
iam fugere et nubila et procellae;
exorta est justis inexpectata quies.
Undique obscura regnabat nox;
surgite tandem laeti,
qui timuistis adhuc,
et jucundi aurorae fortunatae
frondes dextera plena et lilia date.
Tu virginum corona,
tu nobis pacem dona,
tu consolare affectus,
unde suspirat cor.
Alleluja!»
(IT) «Esultate, giubilate,
o voi anime beate,
cantando dolci canti;
rispondendo al vostro canto
i cieli risuonino con me.
Splende benigno il giorno,
son già fuggite sia le nuvole che le tempeste;
un'inattesa calma è sorta per i giusti.
Ovunque regnava oscura la notte;
svegliatevi invece felici,
voi che fino ad ora avete temuto,
e gioiosi alla felice aurora
date a piene mani corone di fiori e gigli.
Tu, corona delle vergini,
dona a noi la pace,
consola le afflizioni,
per cui il cuore sospira.
Alleluia!»

)

Oratorio di Natale BWV 248 (J. S. Bach)

Ave Maria (Bach-Gounod) - Frate Alessandro

Panis Angelicus - Frate Alessandro

Frate Alessandro - Adeste Fideles

15/12/19

Film e arte : IL PECCATO - IL FURORE DI MICHELANGELO BUONARROTI

Michelangelo - Leonardo : gli eterni rivali

Valzer dall'opera Faust (Gounod)

Valzer dall'opera Faust (Gounod)

Gioacchino Rossini: Gugliemo Tell (Ouverture)

Concerto straordinario per il 50° anniversario della ricostruita sala del Teatro G.Rossini Guglielmo Tell Ouverture Orchestra del Teatro alla Scala
RICCARDO MUTI Milano 18 maggio 1996.

Dopo l'inizio tranquillo viene scandita la tempesta come di una nave in mare dai tromboni; dopo la tempesta segue la quiete.


guidaallascolto.it

Gioacchino Rossini: Gugliemo Tell (Ouverture)



GioacchinoRossini 

Guillaume Tell, l’ultima opera composta da Gioacchino Rossini (1792 – 1868), su libretto di Etienne de Jouy e Hippolyte Bis, tratto dall’omonima tragedia (Wilhelm Tell) di Friedrich Schiller (1804), il trentasettesimo lavoro operistico rossiniano, fu rappresentata per la prima volta al Théâtre de l’Opéra di Parigi (Salle Le Peletier) il 3 agosto 1829, sotto la direzione del celebre Habeneck e con un trio di solisti prestigiosi (Nourrit, Dabadie e la Cinti-Damoreau).
Il Giullaume Tell in quattro anni raggiunse le 100 rappresentazioni e fu il canto del cigno di Rossini.
Esso è considerato come il primo grand-opéra della storia, con le sue azioni coreografiche, i suoi momenti di danza e le scene grandiose: Rossini lavorò per ben cinque mesi (un tempo sicuramente molto lungo) sulla storia schilleriana dell’eroe svizzero in lotta contro gli Asburgo che opprimevano la sua patria.
La storia si svolge nel XVIII secolo e racconta di Guglielmo Tell che raduna gli Svizzeri contro gli Austriaci per condurli verso la libertà, ma racconta anche dell’amore del patriota Arnold per l’austriaca Mathilde.
L’opera originale è divisa in quattro atti, con una durata complessiva che va oltre le cinque ore: per questo motivo è raramente rappresentata in questa forma (l’ultima volta è stata rappresentata al Rossini Opera Festival di Pesaro nel 1995).
Fu in seguito tradotta in italiano da Calisto Bassi con il titolo di Guglielmo Tell: in questa occasione gli atti furono ridotti a tre e fu rappresentata per la prima volta a Lucca il 17 settembre 1831.
Come nelle altre opere di Rossini, la partitura è piena di arie di bravura, in cui il baritono o il tenore possono mostrare tutto il loro virtuosismo vocale.


L’ouverture, invece, è molto eseguita come pezzo a sé stante.
Con quella del Barbiere di Siviglia, della Semiramide e de La gazza ladra è una delle migliori ouverture del compositore, in cui possiamo trovare momenti di calma e di serenità che contrastano con momenti più violenti o di grande foga impetuosa.
In essa troviamo una sintesi di tutta la storia dell’opera e può essere considerata come una sinfonia in quattro parti ben distinte, che sostituisce il brano in due movimenti che di solito viene usato:
  1. il dialogo tra i violoncelli
  2. il temporale
  3. l’Andante pastorale con la melodia del corno inglese (strumento pastorale per eccellenza)
  4. l’Allegro vivace finale con la fanfara, che è molto famoso ed è stato usato in Arancia meccanica o in varie pubblicità.
Come dicevo all’inizio, questa è l’ultima opera di Rossini: in seguito egli si dedicherà a scrivere musica da camera e musica sacra, quindi composizioni non dedicate al teatro.
Più volte ci si è interrogati sul motivo di questo silenzio.
Qualunque esso sia, il compositore lasciò la scena in piena gloria con un capolavoro che ancora oggi viene eseguito, soprattutto nella sua versione italiana.

05/12/19

Piccola fuga in Sol minore (J.S.Bach) - Canadian Brass

La Fuga in sol minore BWV 578, "Piccola" (popolarmente conosciuta come la "Piccola fuga"), è uno dei lavori per organo scritto da Johann Sebastian Bach durante i suoi anni ad Arnstadt (1703-1707). É una delle fughe più note di Bach ed è stata sovente trascritta per altri strumenti (celeberrima la versione orchestrale di Leopold Stokowski)

LARGO AL FACTOTUM da IL BARBIERE DI SIVIGLIA (Gioacchino Rossini) : Canadian Brass

Largo al factotum interpretato dai Canadian Brass, gruppo di strumenti a fiati tra i migliori al mondo.

Toccata e fuga in Re minore (J.S.Bach) - Canadian Brass

BABINERIE (J. S. Bach) - Canadian Brass


15/08/19

Ave Maria - Bach/Gounod - DAJANA [Official Video]


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Ave Maria (Bach-Gounod)


L'Ave Maria di Bach-Gounod è una celebre composizione sul testo in lingua latina dell'Ave Maria.
L'Ave Maria di Gounod arrangiata per pianoforte e violoncello. Eseguita da John Michel
La melodia del canto è stata scritta dal compositore francese Charles Gounod nel 1859, che la pensò sovrapposta al Preludio No. 1 in do maggiore dal I Libro del Clavicembalo ben temperato (BWV 846), composto da J.S. Bach circa 137 anni prima (Gounod aggiunse una battuta in un cambio di armonia del preludio).
Esistono arrangiamenti per molti strumenti musicali di detta opera, e fra questi il più famoso è il violino ma ci sono anche arrangiamenti per chitarra, quartetto d'archi, pianoforte, violoncello ed anche trombone, nonché per voce.
L'Ave Maria viene spesso eseguita nelle chiese cattoliche in occasione dei matrimoni. Viene spesso incisa da cantanti pop e d'opera, oltre che da cori.

11/08/19

Ksenija Sidorova : Csárdás (Vittorio Monti, 1868 - 1922)


Vittorio Monti (Napoli, 6 gennaio 186820 giugno 1922) è stato un compositore, violinista e direttore d'orchestra italiano.

Monti è nato a Napoli dove ha studiato violino e composizione al Conservatorio di San Pietro a Majella con il violinista Pinto e composizione con il maestro Paolo Serrao. Intorno al 1900, dopo essersi ulteriormente perfezionato in violino con Camillo Sivori, ha ottenuto un incarico come direttore dell'Orchestra Lamoureux a Parigi dove scrisse diversi balletti, pantomime e operette, tra cui Noël de Pierrot.

La sua composizione più famosa è la Csárdás, scritta nel 1904 e suonata da tutte le orchestre gitane. Sempre nel 1904, il giorno 18 maggio, viene data in prima assoluta al Teatro Costanzi di Roma la sua operetta in 1 atto Mam'zelle Frétillon, di cui è autore anche del libretto.

13/07/19

BENVENUTI IN ITALIA

Benvenuto musicale con i Rondò Veneziano e con le 53 meraviglie da non perdere per coloro che verranno in Italia. Città fortificate e meraviglie della natura, siti archeologici e monumenti d'ogni tipo. I gioielli che l'Unesco ritiene 'patrimonio dell'umanità' mettono l'Italia in cima alla classifica, nell'impegno di custodire questi tesori, che proprio oggi sono saliti alla bella cifra di 53, con l'introduzione nella lista del patrimonio dell'Umanità delle faggete secolari e delle opere difensive veneziane l'Italia a Palmanova, Bergamo e Peschiera del Garda.

12/05/19

Overture da IL FLAUTO MAGICO (W. A. Mozart) - Quintetto AMENA - MYSTERIUM VIDEO

 
Il gruppo A.M.E.N.A. è la formazione cameristica dei clarinetti primi della Società Filarmonica Pietro Borgognoni di Pistoia, dove “amena”, apparentemente aggettivo per “musica amena”, è in realtà un acronimo che sta per le iniziali dei nomi dei suoi componenti.
Al tempo stesso è il motto che ne costituisce la sintesi e l’intenzione culturale: quella di fare musica amena (cioè, secondo i dizionari: divertente, gradevole, arguta e, perché no, intrigante). La sfida di questi musicisti è quella di dimostrarsi capaci di divertire e di interessare qualsiasi pubblico, stuzzicandone la curiosità, con un programma di arrangiamenti originali ma mai banali, in grado di restituire agli ascoltatori le vibrazioni e le sensazioni dei grandi autori esplorati dal repertorio di questa formazione.
È un’avventura musicale non priva di difficoltà, potendo disporre di un ridotto nucleo strumentale monotimbrico, in sostituzione di un’intera orchestra; ma a garanzia della buona riuscita dell’impresa vi sono l’esperienza, il virtuosismo, la passione e la competenza degli esecutori, tutti professori d’orchestra diplomati al conservatorio.

Andrea Mazzei
Ha iniziato la sua formazione musicale nel 1981, sotto la guida del maestro Garibaldo Querci e successivamente del prof. di clarinetto Narciso Mazzieri. Nel 2002 si è iscritto alla Scuola di Musica “Mabellini” di Pistoia intraprendendo sotto la guida del prof. Dario Goracci un percorso che approda nel 2006 al diploma di Clarinetto, conseguito presso l’Istituto Mascagni di Livorno. Dal 1984 collabora con l’attuale Associazione Filarmonica Pietro Borgognoni e con altre realtà musicali popolari locali, per la diffusione per quanto possibile della cultura della musica in ogni occasione pubblica e privata, con qualsiasi formazione, in ogni ambito di espressione artistica nella quale possa dare un effettivo contributo.

Stefano Cecchi
Ha conseguito il diploma di clarinetto presso il conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze nell’anno 1982. Suona clarinetto, sax tenore e sax contralto, collaborando nei diversi strumenti con formazioni cameristiche e gruppi orchestrali sia di genere classico che moderno. Affianca all’attività concertistica una vasta esperienza didattica nella scuola secondaria pubblica: vincitore di cattedra per l’insegnamento di ED. Musicale nella scuola media dal 1983, è tutt’oggi insegnante di ruolo nell’Istituto Comprensivo di Lamporecchio.


Elena Corsini
Già docente di clarinetto presso il liceo musicale N. Forteguerri di Pistoia, è approdata allo studio del clarinetto sotto la guida del maestro Garibaldo Querci, consolidando la propria formazione strumentale con i professori Narciso Mazzieri e Dario Goracci, fino al Diploma conseguito al conservatorio Cherubini di Firenze con il maestro Battistelli. Successivamente al diploma ha intrapreso lo studio del fagotto con il maestro Vicari presso la scuola comunale Verdi di Prato. Membro dell'orchestra Desiderio da Settignano nella quale svolge il ruolo di secondo fagotto, collabora con diverse formazioni bandistiche limitrofe a Pistoia sia con il fagotto che con il clarinetto. Impegnata in varie formazioni cameristiche con programmi che spaziano nei repertori sia classici che ludici-leggeri, fa parte del gruppo medievale/rinascimentale ArteFatti ,con i quali svolge un'intensa attività, con partecipazioni a rievocazioni storiche e eventi a tema.

Nicla Pagliai
Ha conseguito il diploma di Clarinetto nel 1984 presso l'Istituto Musicale "L. Boccherini" di Lucca , dopo aver frequentato i corsi della scuola "T. Mabellini" di Pistoia. Ha partecipato a numerosi gruppi da camera, bandistici e orchestrali, perfezionandosi in musica d’insieme sotto la guida del maestro Clemente Terni. Dal 1986 svolge un' intensa attività didattica come insegnante di musiscuola secondaria di 1° grado.

Alberto Rossi
Clarinettista e polistrumentista, si è diplomato in Clarinetto nel 1986 presso l'Istituto Musicale "L. Boccherini" di Lucca conseguendo successivamente la laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo all'Università di Bologna. Attivo da decenni in numerose formazioni da camera, orchestrali, bandistiche, affianca all’attività di esecutore quella di compositore sia di musica contemporanea che di musica leggera, con interessi che tracimano nella musica italiana pop e d’autore (è tra i fondatori della spregiudicata “Banda a vapore”). È inoltre scrittore letterario di novelle popolari e autore del “manuale pratico di musicoterapia per i laboratori di espressività musicale”. Come musicologo ha al suo attivo i commenti sulla significanza musicale di famosi brani pop.
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Mozart, "Il Flauto Magico": una lettura dell'ouverture

 

 


Locandina della prima rappresentazione del Flauto Magico, il 30 settembre 1791
Dopo aver tanto a lungo parlato delle implicazioni storiche e filosofiche di quel meraviglioso contenitore che è Il Flauto Magico di Mozart e pure dei retroscena massonici, è arrivato il momento di affacciarsi brevemente sull’opera, leggendo tra le righe della Zauberflöte. Come in tutte le storie, anche in questo caso dobbiamo partire dall’inizio: l’ouverture.

Il triplice accordo all’inizio dell’ouverture
La struttura generale del brano ricalca quella bipartita della sinfonia d’opera italiana, costituita cioè da una prima parte in tempo lento (solitamente un Adagio o un Andante) e da una seconda parte in Allegro, o un tempo simile. Questa struttura aveva una particolare funzione pratica: dato che non esisteva l’illuminazione elettrica e che il pubblico spesso andava a teatro per fare tutto fuorché prestare attenzione allo spettacolo, l’ouverture (o sinfonia, nell’opera italiana) serviva proprio a segnalare l’inizio dell’opera; quindi il tempo lento iniziale ricopriva una funzione di mero preambolo per dare agli astanti il tempo necessario di prendere posto, mentre il “pezzo forte” era la seconda parte, in cui il compositore dava il meglio.
 

Nel caso del Flauto Magico, Mozart cambia le regole del gioco già dall’inizio perché l’elemento dell’ouverture che ha più rilevanza rispetto alla trama è proprio l’Adagio iniziale, in cui nasconde molti indizi di quanto succederà più avanti. Ad esempio, il brano si apre con la poderosa esposizione del triplice accordo che nell’opera annuncia la figura di Sarastro e dei sacerdoti del Tempio della Saggezza; inoltre, cosa più interessante e assai meno nota, in queste poche battute di musica Mozart ci offre un fugace scorcio del cammino iniziatico di Tamino: dalla battuta 8 alla 13 ci sono tre brevi frasi affidate agli archi, due di queste terminano in modo mesto, mentre l’ultima culmina in un accordo limpido e luminoso; in questo modo Mozart ci mostra Tamino che prova a entrare – senza successo – nel Tempio della Natura e nel Tempio della Ragione e alla fine riesce ad aprire la porta del Tempio della Saggezza. Poi, giusto per non svelare tutto subito, ha inizio l’Allegro.

Il fraseggio degli archi richiama l’ingresso di Tamino nel Tempio della Saggezza
La seconda parte dell’ouverture del Flauto Magico rappresenta probabilmente l’unico caso di ouverture in stile contrappuntistico composta nel XVIII secolo, e se ci si sofferma a considerare la cosa ci si rende conto che è ancora più strana: non solo Mozart impiega (e in modo straordinario) lo stile contrappuntistico, più precisamente il fugato, in un’epoca in cui era totalmente passato di moda, ma lo fa addirittura per un piccolo teatro di periferia. Anche l’utilizzo di questa tecnica è interessante perché in questo caso Mozart riesce a raggiungere un equilibro perfetto tra le forme della fuga e dell’ouverture, e lo fa in modo a dir poco mirabile.

Soggetto del fugato
Il successivo Allegro si apre con il principio di una fuga vera e propria, con soggetto, risposta e relativo controsoggetto, ma dopo questa esposizione formalmente perfetta il tutto confluisce in un trattamento del materiale tematico tipico della forma sonata, ma – e qui c’è il colpo d’ala che rende Mozart un maestro superiore a tutti noi – basandosi completamente sul piccolo nucleo tematico del soggetto.

Risposta e controsoggetto
Su questa manciata di note sono stati versati fiumi d’inchiostro perché, con ogni probabilità, il tema è stato tratto dalla Sonata in si bemolle maggiore di Muzio Clementi. Nella monografia di Massimo MilaLettura del Flauto Magico, l’autore si lancia in una lunga enumerazione di composizioni mozartiane e non che hanno un tema simile, ma chiunque sia l’autore di queste poche note non ha la minima importanza; ciò che conta realmente è come il tema viene sviluppato e credo di essere nel giusto se affermo che nessuno sarebbe mai riuscito a eguagliare una tale arditezza e un così ben studiato equilibrio formale. Inoltre, come sanno anche gli studenti di composizione, per realizzare una fuga è uso comune impiegare un tema scritto da altri.

Sovrapposizione del secondo tema della forma sonata e del soggetto contrappuntistico
La cosa che lascia sbalorditi quando si ascolta questa ouverture è come il piccolo tema iniziale appaia continuamente in modo sempre diverso e con una fluidità che non conosce eguale. Ed è a questo punto che entra davvero in gioco la forma sonata: dopo un rapido passaggio alla tonalità della dominante in cui appare un secondo tema (che è però contrappuntato con il primo!), l’ouverture apparentemente si conclude, appunto, sulla dominante… senonché appare di nuovo il triplice accordo, quasi volesse ricordare al tema, il nostro “protagonista”, di aver smarrito la strada e che deve faticare ancora un po’ per ottenere la giusta ricompensa. Dopo questo breve episodio, riappare il primo tema ma stavolta proposto nella tonalità di si bemolle minore e viene presentato in una seconda lunga esposizione contrappuntistica. Dopo un breve ponte modulante, si fa ritorno alla tonalità d’impianto, con cui termina l’ouverture nel magnificente finale con il massiccio intervento degli ottoni (chissà, forse per anticipare l’antagonista dell’opera, la Regina della Notte). 

Si può ben vedere come tutto sia stato accuratamente progettato in questa straordinaria pagina sinfonica e come tutto funzioni alla perfezione e come Mozart abbia rivolto il suo lavoro non solo sull’aspetto prettamente musicale ma soprattutto verso una totale compenetrazione tra linguaggio musicale e simbolismo, incorporando elementi massonici (a cominciare proprio dalla tonalità di mi bemolle maggiore: non solo perché ha tre bemolli in chiave ma anche perché costituisce la tonalità tipica dell’espressione della religio privata mozartiana) ed elementi narrativi del libretto. E questo è solo l’inizio della più straordinaria delle opere composte da Wolfgang Amadeus Mozart.
Luca Fialdini

30/03/19

500 anni dalla morte : La Milano di Leonardo da Vinci - parte 2

500 anni dalla morte : La Milano di Leonardo da Vinci - parte 1

10 Grandi Misteri Nascosti in Quadri Famosi

500 anni dalla morte : Leonardo da Vinci | La Storia in 3 Minuti DOC (Subtitles Available)

500 anni dalla morte : Opere e invenzioni di Leonardo Da Vinci

500 anni dalla morte :CASA NATALE DI LEONARDO DA VINCI - TUSCANY - ITALY

L’altare argenteo di San Iacopo un ponte tra Pistoia e Compostela

L'arazzo Millefiori

 

Capolavoro fiammingo da tappezzare una parete intera. Contrariamente a quanto si possa pensare, anche se si tratta di un ricamo, fu realizzato solamente da personale maschile in quanto considerato arte e l'arte a quei tempi era riservata solo agli uomini mentre le donne ne erano escluse.



blog.zingarate.com

L’arazzo Millefiori di Pistoia, tra animali fantastici e fiori del paradiso


L’Arazzo Millefiori, rappresenta una delle più straordinarie bellezze artistiche di Pistoia, ancora poco conosciuto, ma unico nel suo genere.
Si tratta di un Arazzo, ovvero un manufatto tessile (i primi furono realizzati nella città fiamminga di Arras) dalle dimensioni considerevoli 267 x 790 cm in seta e lana che raffigura un raffinato giardino fiorito popolato da animali selvatici e una gran varietà di fiori.

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Le prime notizie storiche che ci sono pervenute risalgono al 1661 e ci testimoniano che era già utilizzato “per stendere avanti l’Altare maggiore il Venerdì Santo, quando si fa l’Adorazione della croce”. Nonostante che la data di realizzazione sia comunque incerta, possiamo ipotizzare la sua fabbricazione all’inizio dell’XVI secolo, in ambito fiammingo o francese.

Questa tipologia di manifattura ricorda il tipico stile tardo-gotico del XV-XVI secolo quando si rappresentavano gli elementi naturalistici a scopo decorativo. Inoltre, non è raro trovare rappresentazioni di animali fantastici anche nel Medioevo e nel Rinascimento quando ci si ispirava ai famosi Bestiari, ovvero libri fantasiosi dove la realtà e l’immaginazione si mescolavano tra loro, così come la storia e le leggende, le tradizioni e le credenze religiose. In questi libri gli animali, le piante e i fiori avevano significati simbolici e allegorici così come quelli raffigurati nell’arazzo di Pistoia, che rimanda al motivo dell’hortus conclusus, cioè una sorta di microcosmo che racchiude in sé tutti i fiori che alludono al Paradiso celeste.

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La suggestione e il fascino che induce nello spettatore questo Arazzo sono dovuti anche agli straordinari colori con una gamma di venticinque tonalità, oltre che all’impressionante attenzione dei particolari delle figure.
Le principali varietà di fiori che vi sono raffigurate sono la rosa canina, l’iris, il papavero, il cardo, il giglio, il narciso, la margherita, la viola, la primula, la violetta, il nontiscordardime.

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fiori

Gli animali che vi possiamo riconoscere sono invece la lepre, il falco, il cane, l’airone, il coniglio, il fagiano e il mitico unicorno.

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L’unicorno, è un animale mitologico che presenta delle caratteristiche molto particolari: ha il corpo di cavallo, la testa di cervo, le zampe di elefante e la coda di cinghiale. Il suo nome deriva da una parola latina, unicornis, che significa un solo corno che infatti è presente sulla fronte dell’animale e che si credeva avesse poteri magici, in particolare che preservasse dal veleno. Secondo la leggenda l’uomo per impossessarsi del corno avrebbe dovuto far avvicinare furtivamente una fanciulla che avrebbe reso docile l’animale fino a farlo addormentare. Una credenza popolare, inoltre racconta che l’unicorno partoriva un puledro ogni cento anni, cioè ogni qualvolta nasceva un essere umano speciale. Pur essendo un animale fantastico, frutto dell’immaginazione dell’uomo, la credibilità nei confronti di quest’animale crebbe improvvisamente nel Medioevo quando si sparse la voce che il narvalo, un grande cetaceo dell’Artico, possedeva un dente lungo due metri che aveva le stesse facoltà soprannaturali del corno dell’unicorno.

Curiosità
Esiste davvero un pesce chiamato unicorno
Perché si chiama cosi? Perché presenta una escrescenza frontale che si ingrandisce con l’età.


Un altro animale curioso che possiamo notare se osserviamo da vicino l’Arazzo Millefiori è la iena che è qui raffigurata con gli artigli dell’aquila, proprio per enfatizzare il suo carattere aggressivo e pericoloso. Secondo la leggenda, la iena era allo stesso tempo maschio e femmina e a causa di questa sua natura era considerato un animale sleale e ingannatore, simbolo di vizi come l’avarizia.

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Fin dal 1953 l’Arazzo Millefiori si trovava esposto nella Cappella del Giudizio del Duomo di Pistoia e fungeva da dossale all’altare d’argento di San Jacopo, ma questa collocazione, anche se ha impedito l’esposizione alla luce, l’aveva sottoposto ad altri agenti come polvere, muffe e batteri, che ne potevano causare un degrado irreversibile. Nel corso degli anni, questo straordinario manufatto è stato restaurato due volte (una negli anni 2000 e una recentemente) e attraverso il lavoro di tecnici specializzati e al contributo della Cassa di Risparmio di Pistoia e della lucchesia è stato possibile restituire il suo antico splendore e la vivacità unica dei suoi colori.
Attualmente si trova custodito all’interno dell’Antico Palazzo de’ Vescovi. 

07/03/19

Maria Anna Mozart, sorella maggiore di Wolfang Amadeus


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Maria Anna Mozart


Maria Anna Walburga Ignatia Mozart (Salisburgo, 30 luglio 1751Salisburgo, 29 ottobre 1829) è stata una pianista austriaca.
Era la sorella maggiore di Wolfgang Amadeus Mozart, la figlia di Leopold Mozart e di Anna Maria Pertl. In famiglia la chiamavano Nannerl (come dire "Nannina" o "Nannarella") e con questo vezzeggiativo è passata alla storia.

Biografia

Come suo fratello, Nannerl Mozart rivelò un precoce talento musicale: da bambina si esibiva al suo fianco, al clavicembalo durante le tournée organizzate dal padre. Avendo riscontrato le straordinarie qualità dei suoi figli, infatti, Leopold Mozart li portò fin da piccoli a suonare in molte città europee, tra le quali Vienna e Parigi.
Durante questi viaggi, sia Wolfgang che Nannerl si ammalarono gravemente a più riprese, anche di patologie potenzialmente mortali come il vaiolo e il tifo. Fu Nannerl quella che corse il maggior pericolo: nel 1764 all'Aia, nei Paesi Bassi, si ammalò di bronchite e le sue condizioni divennero in poco tempo così gravi che le fu somministrata l'estrema unzione. Guarì grazie all'interessamento della Principessa di Nassau-Weilburg, sorella di Guglielmo V di Orange-Nassau, che le mandò il medico di corte. Nannerl era di fibra forte: sopravvisse anche alla tisi, che contrasse alcuni anni dopo.
La sorella di Mozart divenne un'eccellente pianista e un'insegnante di musica molto apprezzata. Wolfgang aveva un'alta opinione del suo talento e della sua competenza, e le sottoponeva d'abitudine le proprie partiture per averne un parere; compose inoltre alcuni pezzi per pianoforte a quattro mani, e per due pianoforti, espressamente per suonarli in coppia con lei. È questo il caso, ad esempio, del Concerto per due pianoforti e orchestra KV 365. Wolfgang le fece anche omaggio di un brano musicale, nel giorno del suo onomastico del 1776: il Divertimento in Re Maggiore per Oboe, Corni ed Archi KV 251, "Nannerl Septett". E non solo: la incoraggiò a comporre musica, attività nella quale evidentemente Nannerl aveva provato a cimentarsi. In una lettera dall'Italia del 7 luglio 1770, Mozart le scrisse:
"Sono stupefatto! Non sapevo fossi in grado di comporre in modo così grazioso. In una parola, il tuo Lied è bello. Ti prego, cerca di fare più spesso queste cose."
Molto probabilmente però Nannerl non seguì il consiglio del fratello, e, se pure lo seguì, della sua musica non è rimasta traccia. Nessuna sua composizione è stata conservata ed anche quel misterioso Lied è andato perduto.


Nannerl Mozart adulta, divenuta Baronessa von Berchtold zu Sonnenburg


Nannerl Mozart sposò nel 1784 il Barone Johann Baptist von Berchtold zu Sonnenburg e si trasferì con lui a Sankt Gilgen, un villaggio a 6 ore di carrozza da Salisburgo. Ebbe un figlio maschio, Leopoldl ("piccolo Leopold"), e due femmine, Jeanette e Marie Babette. Dovette rallentare le attività musicali e divenne una madre di famiglia, occupandosi dei propri figli e anche di quelli del marito, nati da ben due precedenti matrimoni.
Con tutta probabilità, Nannerl era d'accordo con suo padre nel giudicare Constanze Weber, la donna che il fratello Wolfgang scelse di sposare, inadatta a lui e comunque di estrazione sociale troppo bassa, e questo contribuì a raffreddare i suoi rapporti con Wolfgang. Col passare degli anni, infatti, i loro contatti si diradarono gradualmente, fino a interrompersi del tutto dopo la morte del padre (1787), quando ebbero insanabili dissapori ereditari. In seguito alla prematura scomparsa di Wolfgang Amadeus (1791), però, Nannerl diede un contributo di notevole importanza alla promozione della sua figura di musicista, collaborando con i suoi biografi, autenticando le sue composizioni e incentivandone la pubblicazione.
Rimasta vedova nel 1801, Nannerl tornò a Salisburgo e riprese alacremente l'insegnamento del pianoforte. Morì quasi ottantenne e negli ultimi anni della sua vita ebbe la consolazione di instaurare un rapporto affettuoso, materno, con suo nipote Franz Xaver Wolfgang Mozart, uno dei due figli di Amadeus. È sepolta nell'Abbazia di San Pietro di Salisburgo, accanto a Johann Michael Haydn, il fratello di Franz Joseph Haydn, a sua volta musicista e compositore.