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Gioachino Rossini, o Gioacchino, all'anagrafe Giovacchino Antonio Rossini (Pesaro, 29 febbraio 1792 – Parigi, 13 novembre 1868), è stato un compositore italiano del romanticismo musicale. |
Il soggetto fu tratto dal dramma La Pie voleuse ou La Servante de Palaiseau (1815) di Théodore Badouin d'Aubigny e Louis-Charles Caigniez. La prima rappresentazione ebbe luogo il 31 maggio 1817 al Teatro alla Scala di Milano. L'opera, un tempo famosissima, viene oggi rappresentata raramente, mentre è rimasta nel repertorio sinfonico la celeberrima ouverture dell'opera.
La fortuna
Secondo testimonianze dell'epoca la prima fu un grande successo.
L'enorme popolarità dell'opera che durerà fino agli ultimi anni '20
dell'Ottocento è dimostrata tra l'altro dai numerosi libretti e
adattamenti. Si ricorda una ripresa a Parigi nel 1867 con Adelina Patti
nel ruolo di Ninetta, per la quale Rossini, negli ultimi anni di vita,
scrisse alcune variazioni alle cavatine in cui era impegnata.
Dopo anni di oblio, fu ripresa nel 1941 a San Marino, Roma e Pesaro (rielaborata però da Riccardo Zandonai) e nel 1965 al Maggio Musicale Fiorentino, con scarso successo, a causa dell'inadeguato cast. La sua "effettiva" rinascita avvenne nel 1973, all'Opera di Roma, direttore Alberto Zedda. Fu l'opera che, nel 1980, inaugurò la primissima edizione del Rossini Opera Festival di Pesaro, diretta da Gianandrea Gavazzeni. Memorabile è l'edizione del 1989 sempre a Pesaro, protagonisti Katia Ricciarelli (Ninetta), William Matteuzzi (Giannetto), Samuel Ramey (Podestà), Ferruccio Furlanetto (Fernando), diretti da Gianluigi Gelmetti.
Dopo anni di oblio, fu ripresa nel 1941 a San Marino, Roma e Pesaro (rielaborata però da Riccardo Zandonai) e nel 1965 al Maggio Musicale Fiorentino, con scarso successo, a causa dell'inadeguato cast. La sua "effettiva" rinascita avvenne nel 1973, all'Opera di Roma, direttore Alberto Zedda. Fu l'opera che, nel 1980, inaugurò la primissima edizione del Rossini Opera Festival di Pesaro, diretta da Gianandrea Gavazzeni. Memorabile è l'edizione del 1989 sempre a Pesaro, protagonisti Katia Ricciarelli (Ninetta), William Matteuzzi (Giannetto), Samuel Ramey (Podestà), Ferruccio Furlanetto (Fernando), diretti da Gianluigi Gelmetti.
La trama
L'opera è ambientata in un periodo non specificato (dopo la Rivoluzione francese e le Guerre Napoleoniche), in un villaggio presso Parigi.
Atto 1
Casa Vingradito è in festa, poiché a breve ritornerà il giovane
Giannetto, partito per la guerra: i genitori Fabrizio e Lucia e i
servitori si danno da fare con i preparativi per festeggiare il suo
ritorno (Oh che giorno fortunato!). Tuttavia Lucia continua a
lamentarsi della negligenza della serva Ninetta, che ha perso alcune
posate del servizio d'argenteria. Il marito Fabrizio invece protegge la
ragazza per gentilezza e per rispetto verso il padre di lei, il soldato
Fernando Villabella, rinomato e ricoperto d'onori.
Ninetta, dal canto suo, è felice del ritorno di Giannetto, dato che i due giovani si amano (Di piacer mi balza il cor) e spera di poterlo sposare. Finalmente Giannetto torna, e dichiara apertamente il suo amore a Ninetta (Vieni fra queste braccia). Successivamente Giannetto si allontana con la famiglia e i servitori per andare a trovare lo zio malato di gotta, lasciando Ninetta sola a contare le posate (di cui ne sono rimaste dodici).
In quel momento un mendicante si avvicina a Ninetta chiedendole aiuto: egli è suo padre Fernando, che gli racconta la sua triste vicenda. Giunto a Parigi, aveva chiesto al suo generale il permesso di rivedere la figlia, permesso però negato: ne è seguito un alterco che ha fatto innervosire Fernando, che lotta col generale; viene però disarmato e condannato a morte: riesce a sfuggire grazie al suo commilitone Ernesto. La sua sorte è però segnata, ed è costretto a vivere nascondendosi per sempre: Ninetta allora gli suggerisce di nascondersi nel vecchio castagno in cui c'è una fessura abbastanza grande da contenere un uomo. Per campare, il padre chiede a Ninetta di vendere un suo cucchiaio con incise le sue iniziali: FV.
A rovinare però i piani di Ninetta e del padre è il sopraggiungere del Podestà Gottardo: egli è innamorato di Ninetta e spera di farla sua, nonostante le sue continue ritrosie (Il mio piano è preparato). Il Podestà cerca di conquistare ancora la ragazza, ignorando la presenza del misterioso mendicante. In quel momento arriva anche Giorgio, servo del Podestà, che gli porta un identikit di un ricercato: come temono Ninetta e suo padre, è l'identikit di Fernando Villabella. Fortunatamente, siccome al Podestà mancano agli occhiali, Ninetta, leggendo, s'inventa che il ricercato sia un giovane biondo e robusto, e non un vecchio come suo padre. Il Podestà, finita la lettura, cerca ancora di sedurre Ninetta, scatenando le ire di Fernando che lo intima di rispettarne l'innocenza e la bontà (Non so quel che farei): il Podestà, infuriato, si allontana, meditando vendetta.
Ninetta intanto accompagna il padre al nascondiglio, lasciate incustodite le posate: in questo momento di assenza la gazza ladra addomesticata della famiglia esce dalla gabbia e ruba un cucchiaio del servizio d'argento. Ninetta, tornando, non si accorge di questa mancanza, e vende il cucchiaio datole da suo padre al mercante Isacco. Sta per andare a consegnarlo al padre, ma viene bloccata dal ritornare dei Vingradito, in compagnia del Podestà.
Lucia, con sommo disappunto, si accorge che manca una posata, e si lamenta con Ninetta: il Podestà ne approfitta per insinuare l'idea che ci sia un ladro in casa. Tutti rimangono spaventati, dato che la legge prevede per il furto la pena di morte. Ninetta si spaventa e trema, e tutti quanti si accorgono del suo strano comportamento: nella sua incertezza Ninetta lascia cadere le monete che le ha dato Isacco per aver venduto il cucchiaio. Isacco viene quindi convocato, e il Podestà gli chiede che cosa Ninetta gli abbia venduto: il cucchiaio con le iniziali FV (che sono sia le iniziali di Fernando Villabella sia di Fabrizio Vingradito): alla risposta del venditore, tutti quanti rimangono sconvolti e capiscono che Ninetta è la colpevole. Il Podestà, trionfante, ordina di arrestare la ragazza (In prigione costei sia condotta) con grande dolore di tutti quanti.
Ninetta, dal canto suo, è felice del ritorno di Giannetto, dato che i due giovani si amano (Di piacer mi balza il cor) e spera di poterlo sposare. Finalmente Giannetto torna, e dichiara apertamente il suo amore a Ninetta (Vieni fra queste braccia). Successivamente Giannetto si allontana con la famiglia e i servitori per andare a trovare lo zio malato di gotta, lasciando Ninetta sola a contare le posate (di cui ne sono rimaste dodici).
In quel momento un mendicante si avvicina a Ninetta chiedendole aiuto: egli è suo padre Fernando, che gli racconta la sua triste vicenda. Giunto a Parigi, aveva chiesto al suo generale il permesso di rivedere la figlia, permesso però negato: ne è seguito un alterco che ha fatto innervosire Fernando, che lotta col generale; viene però disarmato e condannato a morte: riesce a sfuggire grazie al suo commilitone Ernesto. La sua sorte è però segnata, ed è costretto a vivere nascondendosi per sempre: Ninetta allora gli suggerisce di nascondersi nel vecchio castagno in cui c'è una fessura abbastanza grande da contenere un uomo. Per campare, il padre chiede a Ninetta di vendere un suo cucchiaio con incise le sue iniziali: FV.
A rovinare però i piani di Ninetta e del padre è il sopraggiungere del Podestà Gottardo: egli è innamorato di Ninetta e spera di farla sua, nonostante le sue continue ritrosie (Il mio piano è preparato). Il Podestà cerca di conquistare ancora la ragazza, ignorando la presenza del misterioso mendicante. In quel momento arriva anche Giorgio, servo del Podestà, che gli porta un identikit di un ricercato: come temono Ninetta e suo padre, è l'identikit di Fernando Villabella. Fortunatamente, siccome al Podestà mancano agli occhiali, Ninetta, leggendo, s'inventa che il ricercato sia un giovane biondo e robusto, e non un vecchio come suo padre. Il Podestà, finita la lettura, cerca ancora di sedurre Ninetta, scatenando le ire di Fernando che lo intima di rispettarne l'innocenza e la bontà (Non so quel che farei): il Podestà, infuriato, si allontana, meditando vendetta.
Ninetta intanto accompagna il padre al nascondiglio, lasciate incustodite le posate: in questo momento di assenza la gazza ladra addomesticata della famiglia esce dalla gabbia e ruba un cucchiaio del servizio d'argento. Ninetta, tornando, non si accorge di questa mancanza, e vende il cucchiaio datole da suo padre al mercante Isacco. Sta per andare a consegnarlo al padre, ma viene bloccata dal ritornare dei Vingradito, in compagnia del Podestà.
Lucia, con sommo disappunto, si accorge che manca una posata, e si lamenta con Ninetta: il Podestà ne approfitta per insinuare l'idea che ci sia un ladro in casa. Tutti rimangono spaventati, dato che la legge prevede per il furto la pena di morte. Ninetta si spaventa e trema, e tutti quanti si accorgono del suo strano comportamento: nella sua incertezza Ninetta lascia cadere le monete che le ha dato Isacco per aver venduto il cucchiaio. Isacco viene quindi convocato, e il Podestà gli chiede che cosa Ninetta gli abbia venduto: il cucchiaio con le iniziali FV (che sono sia le iniziali di Fernando Villabella sia di Fabrizio Vingradito): alla risposta del venditore, tutti quanti rimangono sconvolti e capiscono che Ninetta è la colpevole. Il Podestà, trionfante, ordina di arrestare la ragazza (In prigione costei sia condotta) con grande dolore di tutti quanti.
Atto 2
In prigione, Ninetta riceve la visita di Giannetto, che non è
convinto della sua colpevolezza, e cerca di farle confessare il suo
segreto, ma non riesce a fare molto per liberarla dalla prigione (Forse un dì conoscerete). Giannetto se ne va all'arrivo del Podestà, che rinnova le sue profferte amorose alla ragazza (Sì, per voi, pupille amate)
ma la ragazza rifiuta ancora. L'uomo, al colmo del furore, minaccia la
ragazza, ma viene condotto al tribunale per la sentenza.
L'ultima visita che riceve Ninetta è quella del fidato servo Pippo, a cui chiede di mettere le monete ricavate dalla vendita del cucchiaio nel vecchio castagno, dove è nascosto il padre. Pippo obbedisce e rimane commosso dalla fedeltà della ragazza, che teme di non vedere più l'amato Giannetto (E ben, per mia memoria).
Lucia, intanto, si pente della sua cattiveria nei confronti di Ninetta, e, passeggiando nel bosco, incontra proprio Fernando, uscito dal suo nascondiglio, che chiede come dove sia la figlia; Lucia allora gli racconta di Ninetta arrestata e accusata di furto: Fernando, mosso dall'amore per la figlia e per il disonore dell'accusa, decide di recarsi lui stesso al tribunale (Accusata di furto? Oh rossore!).
La sentenza è pronunciata, e, come previsto, è di morte (Tremate, o popoli!): Giannetto rimane sconvolto, e il padre Fabrizio cerca invano di frenarlo; Ninetta è disperata, ancora di più il Podestà, che si pente della sua eccessiva severità. Giannetto cerca allora di far parlare Ninetta, alludendo al suo "segreto", ma la ragazza si rifiuta di parlare per non compromettere il padre. Improvvisamente irrompe proprio Fernando, che minaccia la giuria e reclama l'innocenza della figlia: il fuggiasco viene subito arrestato e condannato a morte anche lui, con grande dolore di tutti (Sino il pianto è negato al mio ciglio).
Mentre tutti quanti si rassegnano al peggio, arriva Ernesto, il commilitone di Fernando che l'aveva aiutato a fuggire, con l'amnistia concessagli dal sovrano, e chiede come mai tutto il villaggio sia così triste: Pippo gli racconta della condanna a morte della ragazza, ma in quel momento la gazza gli ruba le monete e vola al suo nido, inseguita dal servitore. Quando Pippo arriva al suo nido, trova le monete e le posate rubate dal volatile, e immediatamente corre ad avvisare tutti quanti. L'esecuzione viene fermata, e Ninetta viene liberata: finalmente il lieto fine, che vede Ninetta e Giannetto ricongiunti, Fernando liberato e riunito con l'amata figlia, e il Podestà che si sente divorato dal rimorso (Ecco, cessato è il vento).
L'ultima visita che riceve Ninetta è quella del fidato servo Pippo, a cui chiede di mettere le monete ricavate dalla vendita del cucchiaio nel vecchio castagno, dove è nascosto il padre. Pippo obbedisce e rimane commosso dalla fedeltà della ragazza, che teme di non vedere più l'amato Giannetto (E ben, per mia memoria).
Lucia, intanto, si pente della sua cattiveria nei confronti di Ninetta, e, passeggiando nel bosco, incontra proprio Fernando, uscito dal suo nascondiglio, che chiede come dove sia la figlia; Lucia allora gli racconta di Ninetta arrestata e accusata di furto: Fernando, mosso dall'amore per la figlia e per il disonore dell'accusa, decide di recarsi lui stesso al tribunale (Accusata di furto? Oh rossore!).
La sentenza è pronunciata, e, come previsto, è di morte (Tremate, o popoli!): Giannetto rimane sconvolto, e il padre Fabrizio cerca invano di frenarlo; Ninetta è disperata, ancora di più il Podestà, che si pente della sua eccessiva severità. Giannetto cerca allora di far parlare Ninetta, alludendo al suo "segreto", ma la ragazza si rifiuta di parlare per non compromettere il padre. Improvvisamente irrompe proprio Fernando, che minaccia la giuria e reclama l'innocenza della figlia: il fuggiasco viene subito arrestato e condannato a morte anche lui, con grande dolore di tutti (Sino il pianto è negato al mio ciglio).
Mentre tutti quanti si rassegnano al peggio, arriva Ernesto, il commilitone di Fernando che l'aveva aiutato a fuggire, con l'amnistia concessagli dal sovrano, e chiede come mai tutto il villaggio sia così triste: Pippo gli racconta della condanna a morte della ragazza, ma in quel momento la gazza gli ruba le monete e vola al suo nido, inseguita dal servitore. Quando Pippo arriva al suo nido, trova le monete e le posate rubate dal volatile, e immediatamente corre ad avvisare tutti quanti. L'esecuzione viene fermata, e Ninetta viene liberata: finalmente il lieto fine, che vede Ninetta e Giannetto ricongiunti, Fernando liberato e riunito con l'amata figlia, e il Podestà che si sente divorato dal rimorso (Ecco, cessato è il vento).